Tokyo, New York o Parigi, 2050. Mentre un gruppo di turisti è fermo a contemplare il tramonto, il cielo è attraversato da strane luci: i marchi luminosi di un fast-food, di una bibita e di una marca di scarpe rubano la scena allo skyline, prima di dissolversi in tanti pixel colorati. Benvenuti (si fa per dire) nel futuro, quando per raggiungere il massimo della visibilità la pubblicità sarà mostrata direttamente dallo Spazio, sfruttando i minisatelliti CubeSat.
Non è uno scenario così irrealistico: secondo uno studio russo da poco pubblicato sulla rivista Aerospace, questa forma di marketing spaziale sarebbe sostenibile, almeno dal punto di vista economico.
Consumatore: non mi sfuggi. I CubeSat sono satelliti in miniatura - possono pesare dai 10 grammi a 500 kg - che permettono un accesso low cost allo Spazio e che negli ultimi anni hanno rivoluzionato lanci commerciali e osservazioni spaziali (per approfondire).
L'idea molto controversa di usarli in flotte per disegnare messaggi pubblicitari impossibili da non notare nel cielo notturno non è nuova. Siccome i CubeSat, una volta in orbita, possono dispiegare una vela orientabile che rifletta la luce del Sole, si possono trasformare nei tanti puntini luminosi di una scritta che usi la volta celeste come display.
Si può fare. Il nuovo lavoro dello Skolkovo Institute of Science and Technology e del Moscow Institute of Physics and Technology (MIPT) ha valutato la fattibilità tecnica e la convenienza del far volare satelliti in formazione per mostrare annunci dallo Spazio.
Gli scienziati si sono chiesti quanto a lungo e in quale schieramento i CubeSat dovrebbero operare sopra le varie città in modo da ripagare, con gli introiti pubblicitari, i costi di lancio e produzione. La loro conclusione è che - putroppo - ci sono gli estremi per un business: «Per quanto irrealistica possa sembrare l'idea, la pubblicità spaziale risulta avere un potenziale commerciale», scrivono nello studio.
La flotta ideale. Il team ha tenuto in considerazione fattori come il numero di persone raggiunte dalle scritte luminose, la possibilità che il cielo sia nuvoloso o che il freddo tenga la gente chiusa a casa: la conclusione è che per essere sostenibile economicamente, la formazione di CubeSat coinvolta dovrebbe comprendere 50 minisatelliti di 34 cm per 20, con una vita operativa di circa tre mesi. Converrebbe scegliere un'orbita che passi sopra città molto grandi e densamente popolate, e mostrare ogni annuncio per circa un minuto, prima che il percorso dei satelliti li porti sopra alla città successiva (il testo prosegue sotto al video).
Facciamo DUE conti. In base alle simulazioni numeriche degli scienziati, questa campagna di marketing spaziale frutterebbe ogni giorno circa 2 milioni di dollari, il necessario per rimborsare i costi di circa un mese. Una missione che duri 91,5 giorni genererebbe un incasso netto di 111,6 milioni di dollari (112,8 milioni di euro) dopo aver pagato le spese di produzione e lancio dei CubeSat.
Grazie, ma ne faremmo a meno. Convenienza a parte, ci sono ottime ragioni per ritenerla una pessima idea: l'inquinamento luminoso e la proliferazione di potenziali detriti spaziali tanto per citare le principali, ma anche la possibilità che quel patrimonio di tutti che è il cielo notturno si trasformi nella tela per messaggi di dubbia etica e dubbio gusto (fino alle campagne elettorali...).
Dal canto loro, almeno per la prima questione, i ricercatori si difendono: poiché i CubeSat hanno bisogno della luce del Sole per illuminarsi e del buio per essere visti, i momenti ideali per mostrare gli annunci sarebbero l'alba e il tramonto e non le ore notturne. Inoltre, interessando le grandi città, i CubeSat sorvolerebbero aree già da tempo derubate della notte.