La Stazione spaziale internazionale dispone di un raffinato sistema che, oltre a fornire ossigeno, previene l’accumulo delle sostanze tossiche prodotte dall’equipaggio. La maggior parte dell’ossigeno della stazione spaziale viene ricavato attraverso un processo chiamato “elettrolisi”, che utilizza l’elettricità fornita dai pannelli solari per separare l’idrogeno e l’ossigeno che compongono l’acqua dei serbatoi. Facendo passare la corrente attraverso l’acqua, gli atomi si separano e si ricombinano nelle forme gassose. Per ora l’idrogeno residuo viene lasciato defluire nello spazio ma gli ingegneri della Nasa stanno progettando macchinari che potrebbero combinare idrogeno e anidride carbonica residui per produrre acqua e metano. Così si rimpiazzerebbe l’acqua utilizzata per produrre ossigeno, e si otterrebbe un combustibile.
Acidi e ammoniaca. Per evitare invece l’accumulo di sostanze tossiche, sono stati installati particolari filtri al carbone. Servono a eliminare i gas di scarico emessi dall’intestino degli esseri umani, come il metano, l’anidride carbonica della respirazione e l’ammoniaca esalata dall’acido urico in sospensione nel sudore. Altri sottoprodotti del metabolismo sono acetone, metanolo e monossido di carbonio. Nella stazione spaziale saranno poi utilizzate varie sostanze chimiche per svolgere esperimenti in assenza di peso. Si prevede un’attività di vari laboratori per almeno 30 anni. La Nasa non è però ancora riuscita a progettare un sistema centralizzato per eliminare i residui.
Per saperne di più. Su Internet: il sito ufficiale della Nasa dedicato alla Stazione spaziale internazionale.