Spazio

Quali sono e come funzionano i principali telescopi spaziali

Viaggio alla scoperta degli osservatori spaziali.

Come vengono prodotte le foto dallo spazio infinito che con una certa regolarità la Nasa pubblica? Come vengono fotografati i buchi neri o le grandi esplosioni di gas che avvengono a milioni di anni luce di distanza?


Molto del merito delle incedibili immagini dell'Universo e delle innumerevole scoperte che hanno arricchito le nostre conoscenze arriva direttamente dallo spazio: da una serie di osservatori spaziali che scrutano il cosmo al di fuori della nostra atmosfera.


Il più conosciuto è Hubble, noto a tutti per le spettacolari foto di nebulose e stelle, ma non è l'unico occhio puntato sullo spazio più lontano.


Al suo fianco la Nasa ne ha sviluppato altri due, altrettanto importanti e "costosi": Chandra, un telescopio ai raggi X e più recentemente Spitzer, un osservatorio all'infrarosso.


In questo articolo cercheremo di spiegare i segreti di questi osservatori, come vengono utilizzati da soli o in coppia tra loro, la loro importanza e unicità e il loro futuro.

Hubble. Immaginatevi uno scuola bus poco più lungo di 13 metri che scorrazza a 600 chilometri d'altezza e avrete un'idea della massa di Hubble, il primo e più noto degli osservatori spaziali della Nasa, realizzato in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Europea.


Lanciato nel 1990 e progettato per poter operare per almeno 15 anni, ne ha compiuto 25 (aggiornamento del 24 aprile 2015, ndr) e potrebbe prestare i suoi servizi ancora per altri 7 anni.


La considerevole longevità di Hubble era naturalmente prevista: il telescopio è stato concepito per ricevere una manutenzione periodica da parte degli astronauti dello Space Shuttle per la riparazione di eventuali guasti e per l'installazione di nuovi strumenti scientifici (ne può portare 4 per volta).
A causa della frizione con l'atmosfera, il telescopio perde lentamente quota nel tempo e lo Shuttle, nelle quattro missioni finora completate, si è sempre occupato anche di riportarlo in un'orbita più alta ogni volta.

Un tagliando per non morire. La quarta missione di servizio, effettuata nel 2009 ha ridato un po' di vita al vecchio telescopio. Sono stati sostituiti completamente i 6 giroscopi, cuore del sistema di puntamento e di orientamento del satellite, le batterie (ormai scariche dopo 18 anni), il sistema di guida e lo scudo termico ormai deteriorato.
E i risultati non si sono fatti attendere: Hubble ci ha regalato delle nuove incredibili immagini dello spazio.

Meccanici robot. Ora che lo Space Shuttle è andato in pensione (guarda la fotogallery) la Nasa sta valutando la possibilità di effettuare nuove missione senza equipaggio, affidata soltanto a robot. In attesa che il nuovo telescopio ottico-infrarosso spaziale, il James Webb venga finalmente ultimato e spedito in orbita.

Spazio lontano. Il principale compito di Hubble era - ed è tuttora - la descrizione dell'Universo e l'esame delle sue caratteristiche fondamentali, come la determinazione della "costante di Hubble" cui è legata l'età esatta del nostro Universo. Per far questo, Hubble sta cercando le galassie primordiali. Riuscendo a spingere la sua vista fino a pochi milioni di anni dal Big Bang, per la precisione a 750. Sfuttando l'effetto di amplificazione della luce provocato dalla gravità di un grosso ammasso di galassie chiamato Abell 2218 che devia e moltiplica l'intensità della luce emessa dalle galassie più lontane, Hubble è infatti riuscito a fotografare una galassia lontana 13 miliardi di anni luce. Abell 2218 è stata usata semplicemente come una "lente gravitazionale" permettendo di "dare un'occhiata" all'Universo appena nato.


James Webb Space Telescope che verrà. Anche il sostituto di Hubble, il James Webb Space Telescope che verrà lanciato nel 2011 potrà spingersi così lontano.


Si tratta di un supertelescopio all'infrarosso, con uno specchio 5 volte più grande di quello di Hubble. Ma a differenza del fratello maggiore avrà un'orbita molto alta e non è prevista alcuna missione di manutenzione. Dopo circa 5-10 anni si spegnerà.

Le osservazioni alla luce visibile non sono le uniche, sebbene importanti. Per vedere bene le stelle si sommano osservazioni a onde radio, infrarossi, ultraviolette, ai raggi X. E per questo genere di osservazioni, ci sono altri telescopi.

La supernova DEM L71: i raggi X, trasformati in immagini da Chandra, mostrano la presenza di una nuvola interna ad altissima temperatura, formata da particelle di ferro e silicio. All’esterno si può distinguere un guscio in rapida espansione, una struttura già conosciuta dagli astronomi essendo visibile anche con i normali telescopi ottici.

Chandra. Nel luglio del 1999, lo Space Shuttle Columbia fu lanciato con il carico più pesante che avesse mai trasportato. Si trattava di Chandra, il più potente telescopio ai raggi X mai realizzato. Le immagini che cattura sono 25 volte più definite di quelle riprese dai precedenti telescopi ai raggi X. La sua risoluzione è così alta che potrebbe leggere un segnale di stop da una distanza di oltre 19 km.


A differenza della maggior parte dei satelliti scientifici - compreso Hubble - che si trovano su orbite basse, di solito poche centinaia di km dalla Terra, Chandra si trova su un'orbita ellittica che lo porta, nel punto più lontano, a 138mila chilometri da noi e nel punto più vicino a 9.600 chilometri. Chandra dunque arriva a oltre un terzo della distanza Terra-Luna.

Là dove osano le particelle. Passa la maggior parte del suo tempo oltre le fasce di Van Allen ed è in grado di fornire agli astronomi lunghi periodi di osservazione indisturbata. Le particelle elettricamente cariche che circondano il nostro Pianeta (e soprattutto l'atmosfera) filtrano i raggi X e non permettono di osservare questo tipo di radiazioni prodotte da numerose sorgenti celesti. Per questo l'astronomia ai raggi X viene condotta con strumenti posti su razzi, palloni e soprattutto satelliti. Meglio se su orbite altissime. I risultati però sono importantissimi perché ci hanno permesso di studiare super novae e i buchi neri con maggior dettaglio. I raggi X vengono prodotti da sorgenti che contengono gas incandescenti a temperature che possono variare tra i milioni e le centinaia di milioni di gradi Kelvin.

Tra le prime foto inviate da Spitzer c'è questa spettacolare immagine della Proboscide dell'elefante, una nebulosa molto scura che all'infrarosso si può ammirare in tutta la sua bellezza. Spitzer è il quarto e ultimo telescopio spaziale. Segue Hubble, Compton (ormai fuori uso, osservava lo spazio ai raggi gamma) e Chandra.

Spitzer. Il Telescopio Spaziale Spitzer è invece un osservatorio spaziale che osserva nell'infrarosso. Costato "soltanto" 670 milioni di dollari è il quarto ed ultimo del progetto Grandi Osservatori della NASA. Lanciato nel agosto del 2003, soltanto nel dicembre del medesimo anno è stato rinominato e dedicato a Lyman Spitzer, il primo astrofisica che propose la costruzione dei telescopi spaziali.

Come è ormai tradizione nella Nasa, dopo che le prime osservazioni di ogni telescopio dimostrano la grande qualità e importanza della missione, ne viene scelto il nome.


Il telescopio ha uno specchio primario di 85 cm di diametro, raffreddato alla temperatura di 5,5 Kelvin, temperatura necessaria per abbattere l'emissione termica dello specchio che andrebbe a sovrapporsi alla radiazione che si vuole osservare.


L'unione fa la forza. Gli obiettivi di questa missione sono molteplici; essi vanno dalla planetologia, lo studio del processo di formazione stellare, del mezzo interstellare della nostra galassia, ma anche l'osservazione delle altre galassie fino ad arrivare a quelle più distanti ed ancora in formazione.


In molti casi Spitzer lavora in collaborazione con Hubble e i due potenti telescopi vengono puntati sugli stessi obiettivi per avere immagini composite oppure per verificare o approfondire le nuove scoperte di uno dei due osservatori. Precedenti osservazioni infrarosse sono state fatte sia da terra che dallo spazio. L'atmosfera terreste, però, assorbe efficacemente la radiazione infrarossa, da qui la necessità di osservare dallo spazio.

9 gennaio 2005
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