Per risalire alla composizione chimica dell’atmosfera di una stella o della superficie di un corpo celeste, basta analizzarne la luce facendola passare attraverso un prisma o un reticolo di diffrazione. Con questo sistema, ideato nel 1861 dall’astronomo svedese Anders Jonas Ångström, la luce viene scomposta nelle sue diverse lunghezze d’onda, ognuna delle quali corrisponde a un colore (ottenendo il cosiddetto “spettro”). Poiché ogni elemento chimico assorbe o emette determinati colori, la sua presenza lascia un’impronta caratteristica nello spettro. Nel caso delle stelle, la luce emessa dall’interno deve attraversare gli strati più esterni per uscire, e il suo spettro viene così modificato dagli elementi chimici presenti. Nel caso dei pianeti, atmosfera e suolo alterano la luce diretta proveniente dal Sole, assorbendo certi colori ed emettendone altri. Dall’analisi della luce che essi riflettono si possono quindi determinare gli elementi che li compongono. Tuttavia, la mancanza nello spettro dei colori corrispondenti a un certo elemento chimico non significa necessariamente che esso sia assente: gli atomi di quell’elemento potrebbero trovarsi in uno stato energetico tale per cui non possono emettere o assorbire alcun colore nell’intervallo di spettro considerato. È quindi importante conoscere anche le condizioni fisiche che regnano nel corpo studiato, soprattutto la temperatura.