Moduli di vecchie stazioni spaziali, parti di razzi usati, satelliti fuori uso, utensili di astronauti sfuggiti di mano... Il 95% degli oggetti attualmente in orbita terrestre è costituito da detriti cosmici, che si muovono a 10 volte la velocità di un proiettile e possono impiegare secoli a precipitare in atmosfera.
Numeri impressionanti. Secondo recenti stime dell'ESA, siamo attualmente circondati da circa 5 mila rifiuti spaziali più grandi di un metro, 20 mila più grandi di 10 centimetri, 750 mila più larghi di un centimetro e 150 milioni più spessi di 1 millimetro (uno di questi ha "tamponato" nell'estate 2016, fortunatamente senza gravi conseguenze, i pannelli solari del satellite Sentinel-1A).
Di chi sono? Ma chi sono i maggiori contributori alla pila di rifiuti orbitali? Ecco una classifica elaborata a partire dai dati di Space-Track (registrazione necessaria) aggiornata al mese di ottobre 2017.
Come si vede, la Russia è attualmente il Paese con il maggior numero di oggetti celesti in orbita terrestre (oltre 6.500), ma non il principale produttore di spazzatura cosmica. Il primato spetta, per un soffio, agli Stati Uniti, con 3.999 frammenti celesti. Ma se guardiamo al complesso di frammenti spaziali e resti di lanciatori ancora in orbita, il primato spetta ai russi.
Esplosione catastrofica. Tuttavia la situazione più interessante è forse quella della Cina: benché il suo programma spaziale sia relativamente recente, il Paese ha già liberato 3.475 rifiuti cosmici. Nel 2007 infatti, distrusse intenzionalmente un suo vecchio satellite durante il controverso test di un missile anti-satellite, che produsse oltre 2300 pezzi di materiale tracciabile in orbita e decine di migliaia di frammenti più piccoli.
L'Italia, che al momento ha 27 satelliti in orbita, contribuisce all'inquinamento spaziale con i resti di 2 lanciatori e con un frammento di satellite di piccole dimensioni.
la proprietà rimane. Varie soluzioni tecnologiche sono attualmente allo studio per ripulire il nostro vicinato spaziale, tuttavia, come sottolinea l'organizzazione no-profit Aerospace Corporation, uno degli ostacoli principali rimane, ad oggi, di tipo legale. Nessun'altra nazione avrebbe il permesso di toccare un frammento di satellite USA, senza il benestare americano: rischierebbe l'accusa di un atto di guerra. Servono quindi leggi che stabiliscano per i frammenti spaziali "alla deriva", uno status speciale, che permetta alle autorità sovranazionali di agire per disfarsene.