Il Sole è soggetto ad un ciclo di attività, della durata di circa 11 anni, caratterizzato dalla variazione sulla sua superficie (fotosfera) del numero di macchie solari. Più questo numero è alto più la nostra stella è attiva. Una macchia solare è una regione della fotosfera la cui temperatura è inferiore a quella delle zone circostanti, ed è caratterizzata da una forte attività magnetica. Anche se in realtà le macchie solari sono estremamente luminose, poiché la loro temperatura è di circa 5.000 gradi Kelvin, il contrasto con le regioni circostanti, ancora più luminose in quanto la loro temperatura è maggiore di circa 1.000 gradi, le rende chiaramente visibili come macchie scure. L’ultimo minimo ebbe luogo nel 1996, ragion per cui da circa due anni dovremmo attenderci un progressivo aumento delle macchie solari, seguendo il classico andamento undecennale che ormai si ripete da oltre 200 anni. Nel 2008 invece non sono state osservate macchie solari durante 266 dei suoi 366 giorni (73%), mentre nell’anno in corso soltanto durante 12 giorni dei circa 90 finora trascorsi (87%) sono state osservate delle macchie.
Il Sole osservato dal satellite SOHO con sovrapposto il grafico che riporta il numero delle macchie solari in funzione del tempo e le previsioni per i prossimi anni. L’attuale minimo dell’attività solare, a differenza delle attese, si protrae ormai da circa due anni.
Ma l’attuale comportamento della nostra stella rientra nella normalità oppure è il segnale di suoi più profondi cambiamenti?
I risultati delle osservazioni fatte da terra e dallo spazio dell’attività del Sole in certi casi appaiono contrastanti. Dati accurati ottenuti da sonde della NASA indicano che la sua luminosità nel visibile negli ultimi 50 anni è diminuita dello 0,02% e addirittura del 6% nell’estremo ultravioletto a partire dal minimo del 1996, mentre i radiotelescopi negli ultimi anni hanno registrato la più bassa luminosità radio dal 1955. Tutti questi dati hanno aperto un dibattito sul fatto che quello attuale sia un minimo estremo oppure una correzione conseguente a dei massimi precedenti insolitamente intensi.
Dagli anni ’50 l’attività solare è stata generalmente alta, 5 dei 10 cicli più intensi registrati a partire dal 1700 si sono verificati negli ultimi 50 anni, per cui non siamo abituati all’attuale “calma” profonda. Periodi analoghi si verificarono durante i minimi del 1901 e 1913, che furono più lunghi di quello attuale, per pareggiarli, infatti, sarebbe necessario che l’attuale condizione continuasse per un altro anno.
Ma anche gli attuali modelli, che spesso sono in disaccordo l’uno con l’altro, ed i moderni strumenti di osservazione non sono in grado di dirci quando l’attuale minimo terminerà e quanto intenso sarà il prossimo massimo.
Il problema di fondo, infatti sta nel fatto che nessuno conosce quali siano i meccanismi che sono alla base dell’attività ciclica del Sole, che talvolta si interrompe, come successe tra il 1645 ed il 1715 (“minimo di Maunder”), quando le macchie solari divennero estremamente rare. Il minimo di Maunder coincise con la parte centrale e più fredda della cosiddetta “Piccola Era Glaciale”, durante la quale si registrarono inverni estremamente freddi. Visto l’attuale riscaldamento globale, se ciò si ripetesse non sarebbe forse un male.