Come ha fatto Marte a perdere gran parte della sua atmosfera e a trasformarsi da mondo potenzialmente abitabile e ricco di acqua al pianeta arido e inospitale che conosciamo oggi?
La bassa gravità è chiamata in causa: il pianeta non ce l'ha fatta a trattenere la sua atmosfera, come invece è accaduto sulla Terra e su Venere, ma questo non spiega tutto.
L'odierna atmosfera di Marte è molto rarefatta:
la pressione è meno dell'1% di quella terrestre
Una risposta definitiva sulla sorte di quell'atmosfera ancora non c'è, ma potremmo esserci avvicinati un poco alla conferma dell'ipotesi oggi più accreditata grazie a un importante indizio rimasto finora nascosto sulla superficie di Marte.
Aria e acqua. Studiando il più vasto deposito di carbonati sulla superficie marziana, un gruppo di ricercatori statunitensi ha dedotto che gran parte dell'atmosfera originaria di anidride carbonica doveva essersi già dispersa nello spazio al momento della formazione della complessa rete di "canali" e valli visibili.
Ecco come si è arrivati a questa ipotesi.
Pressione e temperatura. La presenza di acqua liquida in base ai nostri parametri è strettamente legata alla presenza di un’atmosfera consistente: alle attuali condizioni di pressione atmosferica, su Marte l’acqua entrerebbe in ebollizione a una temperatura prossima a 0 °C, evaporando quindi in brevissimo tempo.
La temperatura media su Marte è -63 °C,
con un'escursione termica compresa tra -140 e +20 °C
L'anidride carbonica è il principale componente dell'atmosfera di Marte. Questo gas può essere "assorbito" tramite reazioni chimiche che formano minerali carbonati.
Questo è dunque ciò che si riteneva potesse essere accaduto: a) la progressiva formazione di carbonati innesca un circolo vizioso che porta b) all'assottigliamento dell'atmosfera e c) alla conseguente evaporazione dell'acqua superficiale e d) infine alla sua scomparsa ...
... ma dove sono i carbonati? Partendo perciò dal presupposto che l'anidride carbonica sia stata densa e predominante nell’atmosfera marziana anche in passato, ci si aspettava di trovare grandi depositi di carbonati, proprio a riprova dell'atmosfera perduta.
Le diverse missioni spaziali, invece, hanno mostrato una sostanziale scarsità di questo minerale: lo si trova distribuito, e solo occasionalmente concentrato in depositi, il più grande dei quali è noto come Nili Fossae, un'ampia frattura sulla superficie di Marte riempita di sedimenti di prevalente natura carbonatica, nell'emisfero settentrionale del pianeta.
Nili Fossae. La scarsità di carbonati ha infine fatto pensare alla possibiltà che Marte abbia perso gran parte dell'atmosfera originaria nelle prime fasi della sua storia evolutiva, ancora prima del periodo in cui l'acqua liquida scorreva sulla sua superficie.
Utilizzando i dati raccolti da molte missioni Nasa, tra cui Mars Global Surveyor (MGS), Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) e Mars Odyssey, due ricercatori della US Geological Survey (Flagstaff, Arizona) hanno stimato la quantità di carbonio "bloccata" nella Nili Fossae.
La frattura in questione contiene al massimo il doppio del carbonio presente nell'atmosfera attuale, e anche la somma di tutti i giacimenti di carbonati noti non sarebbe sufficiente a giustificare quel massiccio sequestro di anidride carbonica dall'atmosfera che era proposto come causa della scomparsa dell'acqua su Marte.
Carbonati nel sottosuolo? Confrontando la quantità di carbonio sequestrato nella Nili Fossae con quello che sarebbe stato necessario per mantenere un'atmosfera abbastanza densa, in grado cioè di mantenere acqua liquida in superficie, il team è giunto alla conclusione che su Marte dovrebbero esserci almeno 35 depositi di dimensioni analoghe a quello della frattura.
Finora non sono stati individuati, e non è verosimile che nessuna missione li abbia rilevati, se si trovano in superficie. Potrebbero però essere in profondità, e perciò ancora non rilevabili dai nostri strumenti.
Freddo e umido. Che cosa sia successo all'acqua e all'atmosfera di Marte rimane dunque ancora incerto, ma probabilmente, alla luce dei risultati di questo studio, l'ipotesi che sia andata persa nello spazio in tempi relativamente rapidi, piuttosto che catturata dai minerali del suolo, è diventata più credibile.
Forse, quando si è formata la rete di valli e canali, l'atmosfera marziana non era più molto densa, e il pianeta, a causa di un ridotto effetto serra, anziché caldo e umido, era freddo e umido.
Quanto caldo doveva fare per permettere all'acqua liquida di scorrere? Non molto. Sarebbe bastato superare la temperatura di congelamento dell'acqua di tanto in tanto, per scongelare il ghiaccio e le brine superficiali. Lo scorrere saltuario dell’acqua prodotta da queste fusioni avrebbe quindi continuato a formare i canali e quelli che sembrano antichi letti di fiumi che osserviamo oggi.
È uno scenario verosimile, che trova un riscontro anche in ciò che numerose sonde e lo stesso rover Curiosity hanno più volte rilevato: la formazione di spessi strati di brina in alcune regioni del pianeta.
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