Fin da quando è arrivata a Vesta, nel luglio del 2011, la sonda Dawn della NASA ha ripreso immagini ad alta risoluzione della superficie di questo protopianeta, che con i suoi circa 530 km di diametro è il terzo oggetto come dimensioni, dopo il pianeta nano Cerere e l’asteroide Pallade, della Fascia Principale degli asteroidi. Queste immagini mostrano un terreno sorprendentemente vario e complesso, coperto da catene montuose, colline, gole e, naturalmente, da una grande quantità di crateri da impatto di diverse dimensioni ed età. Molti dei più grandi crateri di Vesta sono caratterizzati da strane macchie molto scure al loro interno e nelle aree circostanti. Queste macchie hanno rappresentato in un primo momento un enigma, ma una recente ricerca conferma che si tratta dei resti di antichi impatti: incrostazioni scure lasciate dalla miriade di oggetti ricchi di carbonio che hanno colpito Vesta nel corso dei 4,5 miliardi di anni della sua esistenza.
Immagine in falsi colori dell’emisfero sud di Vesta. Il rosso rappresenta le zone più elevate, mentre il blu quelle più depresse. La linea nera continua delinea i bordi del bacino da impatto Rheasilvia, mentre quella tratteggiata il cratere Veneneia. I piccoli rombi e i cerchietti rappresentano le zone in cui sono presenti in superficie le macchie di materiale scuro di natura carbonacea. (NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)
Vesta, in maniera analoga ai pianeti di tipo terrestre, ha subito nel corso della sua formazione un processo di differenziazione, che ha fatto sì che gli elementi più pesanti siano sprofondati, andando a formare un nucleo metallico, mentre quelli più leggeri si sono assestati più esternamente, dando origine ad un mantello e ad una crosta basaltica. La crosta di Vesta, probabilmente, si è solidificata nel giro di pochi milioni di anni, rendendo questo asteroide gigante letteralmente una capsula del tempo per eventi che da allora hanno caratterizzato il nostro sistema planetario. E’ questo uno dei motivi per cui Vesta è stato scelto come obiettivo per la missione Dawn.
Immagini delle macchie di materiale scuro carbonioso presenti sulla superficie di Vesta. (NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)
Adesso, un gruppo di ricercatori tedeschi ha effettuato un'analisi accurata dei dati spettroscopici relativi al materiale scuro presente nel cratere Veneneia e da questo lavoro sono risultate evidenze convincenti che fanno pensare che queste macchie scure non siano altro che materiale di natura carbonacea depositato da un gigantesco impatto avvenuto 2 o 3 miliardi di anni fa che ha creato il grande bacino Veneneia (diametro circa 400 km), che è stato poi parzialmente cancellato da un altro impatto verificatosi più tardi che ha dato origine al bacino Rheasilvia (diametro circa 500 km), quasi centrato sul polo sud di Vesta.
Non solo. Tracce di questo materiale scuro sono state trovate anche nelle meteoriti HED provenienti da Vesta ricche di carbonio. L'analisi spettroscopica ha infatti dimostrato che il materiale presente su questo asteroide è lo stesso di quello contenuto nelle meteoriti. I risultati di queste analisi dimostrano in maniera diretta per la prima volta che queste meteoriti sono frammenti di Vesta. E’ altamente verosimile che eventi simili si verificavano in tutto il Sistema Solare interno durante le sue prime fasi evolutive, portando materiale ricco di carbonio organico sulla giovane Terra e sugli altri pianeti rocciosi. Tale materiale avrebbe poi contribuito a formare gli elementi più elementari che hanno poi portato allo sviluppo della vita sul nostro pianeta.