Le domande su che cosa sia per davvero la materia oscura sono ancora tutte lì, ma sembra che un piccolo passo in avanti si possa fare: i risultati di un lavoro di osservazione coordinato dai ricercatori dell'istituto Kavli (Università di Tokyo) suggerisce infatti che si possa scartare l'ipotesi di Stephen Hawking, secondo il quale la materia oscura sarebbe composta da minuscoli buchi neri primordiali.
Oggi sappiamo che la "materia ordinaria", di cui sono fatte le stelle, i pianeti e ogni forma di vita nota (quindi noi stessi), tutta insieme fa poco più del 4-5% della massa dell'Universo. Le nostre teorie dicono poi che dovrebbe esserci un 27% circa di un qualcosa che abbiamo chiamato "materia oscura", perché non la vediamo se non in virtù degli effetti gravitazionali che ha sulla materia ordinaria.


Non sempre oscuri. I buchi neri sono oggetti estremamente massicci, la cui gravità impedisce la fuoriuscita di qualunque cosa sia catturata: da un buco nero non sfugge neppure la luce, perciò si chiamano neri.
Quando si dice "è stato osservato un buco nero", in realtà si vuol dire che sono stati visti gli effetti di quell'oggetto sulla regione di Spazio che lo circonda, con le emissioni di energia fino al limitare del cosiddetto orizzonte degli eventi, oltre il quale nulla può più sfuggire - e di cui presto potremmo forse avere una immagine.
Per la materia oscura è un po' la stessa cosa: una "conoscenza indiretta" utile a dare una spiegazione ad alcuni fenomeni dell'astrofisica che in pochi, oggi, spiegano senza ricorrere all'esistenza di questa elusiva materia. Comunque sia, la materia oscura non può essere composta dai buchi neri che si formano alla morte delle stelle, perché cominciò ad influenzare l'Universo prima della nascita delle stelle.

Piccolo e nero. Hawking propose la soluzione dei buchi neri primordiali: più antichi delle stelle e più piccoli di una pulce. Si sarebbero formati subito dopo il Big Bang, quando l'Universo era talmente denso che, là dove era leggermente più concentrata, la materia collassava su sé stessa spontaneamente dando origine a buchi neri anche più piccoli di un millimetro, con un orizzonte degli eventi impossibile da individuare.
I ricercatori dall'istituto Kavli hanno cercato prove dell'esistenza di queste micro strutture andando a caccia delle distorsioni dello spazio-tempo che possono generare, sfruttando il fenomeno delle lenti gravitazionali.


Vedere l'invisibile. I ricercatori hanno supposto che, se davvero questi piccolissimi buchi neri sono l'84% della materia dell'Universo, ce ne dovrebbero essere molti nello Spazio: secondo un calcolo, dovrebbero essere talmente tanti che, guardando verso la galassia di Andromeda per un tempo sufficientemente lungo (7 ore, per i ricercatori) dovremmo rilevare almeno 1.000 allineamenti tra stelle e buchi neri primordiali, rivelati dall'effetto lente.
Al termine delle osservazioni, col telescopio Subaru (Hawaii), i risultati sono stati ben diversi: dei 1.000 previsti, i dati suggeriscono 1 solo allineamento, e non è nemmeno confermato. Quindi, se i buchi neri primordiali esistono per davvero, possono essere ritenuti responsabili della gravità mancante nell'universo per (al massimo) lo 0,1%. Il mistero della materia oscura continua, in attesa forse del prossimo Stephen Hawking.