Il Sole è una stella di mezza età che, nata circa 4,5 miliardi di anni fa, si è coronata di pianeti. Ogni tanto fa le "bizze": sulla sua superficie si verificano esplosioni immense, i flare. Durante questi eventi la nostra stella espelle grandi quantità di particelle che, raggiunta l'atmosfera della Terra, si manifestano nelle aurore boreali.
Queste violente e spettacolari eruzioni di materiale solare si verificano quando un'area del campo magnetico del Sole collassa e provoca una forte accelerazione delle particelle della parte più esterna della sua atmosfera. Eruzioni particolarmente violente possono avere un impatto significativo sulla Terra, come avvenne per esempio nel corso dell'evento di Carrington (28 agosto/2 settembre 1859), la più grande tempesta geomagnetica mai osservata, con l'interruzione delle linee telegrafiche (tecnologia che all'epoca aveva poco più di vent'anni) e aurore polari visibili persino alla latitudine di Roma.


Eppure la differenza tra le eruzioni quasi quotidiane sul Sole e quelle simili all'evento del 1859 è relativamente piccola, "solamente" da 10 a 100 volte in termini di energia emessa, e questo rende quasi normale il flare del 1859.
Superflare. Una nuova, recente ricerca rivela però un ulteriore stadio del fenomeno, il superflare. Lo studio si basa sulle osservazioni di Kepler, il telescopio spaziale che scandaglia una porzione di Spazio alla ricerca di pianeti rocciosi e perciò tiene sotto controllo un gran numero di stelle simili al Sole.
L'analisi dei dati di Kepler ha permesso di scoprire che i superflare sono abbastanza comuni. Questi eventi mettono in gioco un'energia stimata 10.000 volte superiore all'esplosione del 1859: se si verificasse sul Sole, e la Terra ne fosse investita, ci sarebbero conseguenze molto serie per la vita. Non si tratterebbe infatti di un semplice blackout della tecnologia, ma di alterazioni della nostra atmosfera di una portata che non siamo al momento in grado di valutare.
Lo studio ha trovato conferma nel lavoro del Guo Shou Jing, un osservatorio astronomico cinese che studia anch'esso le caratteristiche di una gran numero di stelle: tra le stelle che hanno prodotto un superflare osservato, il 10 per cento circa ha un campo magnetico simile, o anche inferiore, a quello del Sole.

«Nessuno si aspettava che stelle con campi magnetici relativamente deboli potessero originare simili eventi», commenta Christoffer Karoff (Aarhus University, Danimarca).
Studiare il passato. I ricercatori sostengono che probabilmente qualcosa del genere è già successo in passato, anche se non a livello di superflare. L'analisi degli anelli di alberi del passato rivelano che nel 775 e poi nel 993 d.C. si verificò una forte anomalia nell'abbondanza di carbonio-14, oggi interpretata con l'arrivo di un flusso di protoni energetici dal Sole sopra la norma, indizio di una violenta esplosione solare: per quanto parziali, quei dati dovrebbero essere il punto di partenza per ricerche più approfondite.