Forse la notizia vi è già arrivata alle orecchie: la sonda Nasa OSIRIS-REx ha raggiunto l'orbita attorno a un asteroide, Bennu, che si trova a circa 118 milioni di chilometri dalla Terra, per studiarlo nei dettagli, ricostruendone la superficie con una accuratezza pari al centimetro, ma non solo: addirittura il programma prevede che la sonda scenda su questo piccolo oggetto celeste (le sue dimensioni sono di circa 500 metri), raccolga un campione del suolo e lo riporti alla base a Terra. A questo punto potrebbe sorgervi, legittima, una domanda: ma perché tutte queste... attenzioni proprio per Bennu?
È pericoloso. Tanto per cominciare, parliamo di un asteroide potenzialmente pericoloso per il nostro Pianeta. Nel malaugurato caso dovesse impattare con la Terra, Bennu causerebbe danni ingentissimi, nonostante le sue dimensioni contenute. Intendiamoci, attualmente non ci sono elementi che facciano ipotizzare uno scontro tra l'asteroide e la Terra: i calcoli orbitali collocano nell'intervallo di tempo compreso tra gli anni 2175 e il 2196 il massimo della probabilità di impatto. Un numero che resta comunque confinato nell'ordine di 1 su 2.700: oppure, che è un modo diverso per dire la stessa cosa, le probabilità che l'asteroide ci "sfiori" più volte senza colpire il nostro Pianeta sono del 99,963%.
Tutto qui? C'è un però. Anche se a oggi conosciamo i parametri della traiettoria di Bennu abbastanza bene da poterla prevedere con un margine di errore di pochi chilometri da qui a qualche decina di anni, quel che succederà tra circa un secolo è in realtà molto difficile da immaginare: l'incertezza, infatti, tenderà ad aumentare vertiginosamente perché l'attuale, ridotto, margine di errore è destinato a crescere e nel 2135 toccherà i 160.000 km. Si tratta di quasi la metà della distanza che separa la Terra dalla Luna. E, come sottolinea Steven Chesley del Center for Near Earth Object Studies della Nasa, Bennu è al momento l'asteroide di cui conosciamo meglio l'orbita, tra quelli presenti nel nostro database dell'agenzia spaziale.
Di chi è la colpa? Ma da che cosa dipende questa crescente incertezza? Il motivo è noto tra gli addetti ai lavori col nome di "effetto Yarkovsky". Si tratta delle conseguenze dell'azione della luce solare che agisce sull'asteroide, scaldandone alcune.
Il calore assorbito viene poi irradiato e l'irraggiamento finisce per alterare notevolmente la traiettoria dell'oggetto, soprattutto quando si tratta, come in questo caso, di oggetti piuttosto piccoli: sia la sua velocità e sia la direzione del moto risultano alterati. Dai calcoli eseguiti si è dedotto che l'azione della luce solare modifica di circa 284 metri all'anno l'orbita di Bennu.
Ecco perché, se l'orizzonte temporale delle previsioni si allarga fino al prossimo secolo, risulterà abbastanza difficile riuscire a definire l'orbita con precisione. Se a questo elemento, poi, si aggiunge anche l'azione della forza di gravità esercitata dai corpi ai quali l'asteroide si avvicina nel suo percorso (come la Terra), risulterà ancora più evidente comprendere il perché di tanto margine di errore.
E altrettanto evidente risulterà capire perché sia importante studiarlo tanto e da vicino: per esempio, verificare qual è l'azione della luce solare su questo oggetto consentirà agli astronomi di affinare i calcoli della sua traiettoria; e avere tra le mani campioni dell'asteroide stesso permetterà di sapere di più sulla sua natura e di avere qualche elemento in più al momento in cui fosse necessario cercare una soluzione efficace per dirottarlo da una eventuale rotta di collisione con la Terra.
Intanto, dai primi dati di OSIRIS-REx è emerso che la superficie di Bennu è particolarmente accidentata e caratterizzata da centinaia di grossi massi, anziché da fine ghiaia. L'asteroide parrebbe anche estremamente poroso, con il 40% del suo volume costituito da cavità e caverne, ma soprattutto ricoperto di minerali idrati, rocce che racchiudono acqua nella loro composizione molecolare. Nel suo passato potrebbe esserci stata acqua liquida. Questo dato, oltre ad essere una notizia incoraggiante per chi spera di sfruttare gli asteroidi come miniere celesti, potrebbe aiutarci a capire come l'acqua e gli altri elementi base della vita siano giunti sulla Terra.