Spazio

I batteri minatori che ci aiuteranno a colonizzare lo Spazio

Anche in condizioni di gravità diverse da quelle terrestre, alcune specie di batteri possono estrarre dalle rocce in modo efficiente elementi utili per il sostentamento delle future colonie spaziali.

Chi nel futuro si cimenterà in attività minerarie nello Spazio potrà contare su intere squadre di aiutanti piccoli piccoli, ma efficientissimi: ci sono batteri che infatti possono estrarre elementi utili dalle rocce anche in microgravità, come dimostra un esperimento compiuto sulla Stazione Spaziale Internazionale. Il lavoro, descritto su Nature Communication, apre prospettive interessanti per il sostentamento delle future colonie spaziali e per lo sfruttamento minerario della Luna e degli asteroidi.

Un viaggio di lavoro. Sulla Terra, batteri e altri microrganismi contribuiscono naturalmente ai processi erosivi delle rocce, e alcuni sono già sfruttati per le loro capacità estrattive in ambito industriale: essi rilasciano composti che accelerano le reazioni chimiche di dissoluzione delle rocce, per liberare le sostanze di cui hanno bisogno per sopravvivere. Questa caratteristica è sfruttata per esempio per l'estrazione di rame, oro e terre rare, tutti elementi indispensabili all'industria di computer e smartphone.

Non era chiaro, però, se le abilità estrattive dei batteri si mantenessero anche in condizioni di gravità diverse dalla nostra. Per scoprirlo, gli scienziati del Centre for Astrobiology del Regno Unito (Università di Edimburgo) hanno sviluppato una serie di bioreattori minerari grandi come scatole di fiammiferi che nel 2019 hanno spedito sulla Stazione Spaziale Internazionale, nell'ambito dell'esperimento BioRock.

Indifferente al cambiamento. All'interno delle scatolette-miniere c'erano pezzetti di basalto, una roccia di origine vulcanica comune su Marte e sulla Luna, immersi in una soluzione batterica. Nell'arco di tre settimane, i ricercatori e gli astronauti della ISS hanno valutato le capacità estrattive di tre specie di batteri esposti a diverse condizioni di gravità (terrestre, marziana e microgravità) simulate da un'apposita centrifuga. Il batterio Sphingomonas desiccabilis è riuscito a ricavare terre rare dal basalto in tutte e tre le situazioni, con un'efficienza quattro volte superiore rispetto ai metodi non biologici. Le altre due specie di batteri non hanno cavato un ragno dal buco, ma non lo facevano neanche sulla Terra.

Alleato affamato. Il successo di questo batterio potrebbe tornare utile quando dovremo estrarre dalle rocce spaziali alcuni materiali per la costruzione di colonie lunari, componenti che supportino i sistemi vitali che producono aria e acqua, ma anche suolo per le coltivazioni in loco. La scoperta è un segnale incoraggiante anche per chi spera di poter sfruttare, un giorno, le risorse minerarie della Luna e degli asteroidi: tralasciando i rischi e tutte le questioni politiche legate a queste attività, il trasporto di minerali è un'operazione difficile e costosa, che potremmo evitare se riuscissimo a organizzare attività di bioestrazione (biomining) sul posto.

15 novembre 2020 Elisabetta Intini
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