Spazio

Gli effetti dello Spazio sul corpo di Scott Kelly, durante e dopo la missione sulla ISS

Lo studio più completo sulla permanenza a lungo termine in microgravità: la ricerca sui corpi prestati alla scienza dei gemelli Kelly ha dato alcune conferme, e rivelato diverse sorprese.

Lo Spazio non ha riguardi per il corpo umano: da quel poco che sappiamo sulle missioni spaziali di lunga durata, appreso nell'ambiente ancora relativamente protetto della ISS, il nostro organismo risente delle condizioni di microgravità, delle radiazioni, dell'alterata postura e degli spazi angusti della stazione orbitante.

Ma i risultati dello studio su Scott e Mark Kelly, i gemelli astronauti della NASA che hanno fatto "da cavie" per la più importante ricerca sugli effetti della permanenza in orbita sul corpo umano, rivelano dettagli inaspettati sulle capacità di adattamento dell'organismo, e sulle conseguenze a lungo termine di una missione spaziale estesa.

Di passaggio. Intanto, la buona notizia: nell'anno in cui Scott ha lavorato sulla ISS, tra il 2015 e il 2016, il suo corpo ha subito alterazioni che quello del gemello Mark, rimasto a Terra, non ha avuto. Quasi tutti questi cambiamenti sono stati, però, reversibili, e sono spariti nei primi mesi dal ritorno sulla Terra. Quasi nessuna di queste alterazioni ha portato a conseguenze cliniche significative.

Tra il 2014 e il 2015, nell'ambito della missione Futura, l'astronauta dell'ESA Samantha Cristoforetti ha trascorso sulla ISS 200 giorni. Uomini e donne, nello Spazio il fisico si comporta in modo diverso © ESA

La prima sorpresa. Il dato più interessante dello studio è forse quello che riguarda i telomeri, le regioni terminali del DNA che si trovano alle estremità dei cromosomi, che proteggono la doppia elica e fanno sì che si replichi correttamente nei processi di divisione cellulare. Di queste capsule, si sa che tendono ad accorciarsi per l'invecchiamento e nelle condizioni di stress cellulare.

Curiosamente, nei 340 giorni nello Spazio, quelli di Scott Kelly si sono allungati, salvo essersi accorciati più velocemente quando l'astronauta è tornato a Terra. I telomeri più corti sono connessi a un più veloce invecchiamento cellulare. Ma l'altro lato della medaglia di telomeri più lunghi è un aumentato rischio di cancro: mantenere la lunghezza dei telomeri garantisce infatti alle cellule cancerose di replicarsi ed essere "immortali".

Attività dei geni. Un'altra differenza riguarda l'espressione genica, il processo nel quale l'informazione contenuta in un gene diviene funzionale. Sulla Terra è influenzata da cambiamenti ambientali e dalle abitudini (sonno, dieta); nello Spazio, si sono osservate alterazioni notevoli nell'espressione dei geni mitocondriali di Scott - quelli che aiutano le cellule a produrre energia - e in quelli coinvolti nella regolazione del sistema immunitario. Il 90% di questi cambiamenti è rientrato, dopo il ritorno dalla missione (questo non significa che il DNA di Scott Kelly sia "mutato" nello Spazio, notizia circolata qualche tempo fa).

Non si sa se queste alterazioni nell'espressione genica siano positive o negative, né se siano il risultato del trovarsi nello Spazio o delle condizioni inusuali e poco confortevoli della scatola di latta che è la ISS: spazi angusti, convivenza forzata, problemi nel sonno, alimenti poco freschi e reidratati.

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Nello spazio la vista può diventare meno acuta: il 30% degli astronauti, anche dopo missioni di breve durata, ha riferito di un calo della capacità visiva. Le cause di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare, ma secondo i medici potrebbero essere scatenate, ancora una volta, dall’assenza di gravità che fa concentrare i fluidi corporei negli arti inferiori e nella testa. Tutti i rischi degli astronauti, organo per organo © NASA

Occhi e cervello. Il nervo retinico di Scott Kelly si è ispessito, com'è accaduto ad altri astronauti, ma non è chiaro se questo avrà effetti a lungo termine sulle capacità visive. Una categoria di batteri intestinali è aumentata, un'altra è diminuita, ma gli equilibri si sono ripristinati al rientro sulla Terra.

Le capacità cognitive di Scott Kelly, potenziate durante la missione, sono parse deteriorate dopo il suo rientro, forse per effetto del ritorno improvviso alla morsa della gravità. Con il tempo sono migliorate, ma non sono tornate del tutto ai livelli pre-missione.

Anche in questo caso è difficile dire in che cosa c'entri lo Spazio in sé e quanto abbiano influito le stressanti condizioni del rientro: tornare a interagire con più di cinque persone per volta, le domande dei giornalisti, gli occhi del mondo puntati addosso.

Cosa farne? I dati dello studio sono interessanti quanto difficili da generalizzare: non capita tutti i giorni di poter studiare due gemelli astronauti. Molte delle informazioni che emergono potrebbero riguardare il modo specifico in cui il corpo di Scott Kelly ha reagito, e non è detto che valgano per tutti gli astronauti, né per la popolazione in generale. Difficile poi dire se i risultati si possano estendere a missioni spaziali su Marte e sulla Luna, ben al di là dei 400 km di distanza da casa della ISS, dove si può godere di tutti gli effetti protettivi del campo magnetico terrestre.

17 aprile 2019 Elisabetta Intini
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