Se un asteroide fosse in rotta di collisione con la Terra, sapremmo salvarci? Ai dinosauri non andò benissimo, ma in questo come in altri campi, l'Homo sapiens ha un asso nella manica: la conoscenza. Per fare il punto sullo stato dell'arte delle tecnologie che potranno difenderci dagli oggetti celesti pericolosi, il 30 giugno si celebra l'Asteroid Day, un appuntamento istituito dalle Nazioni Unite per sollevare l'attenzione sugli asteroidi che si spingono entro i 45 milioni di km dall'orbita terrestre (i near-Earth objects o NEO) e che potrebbero costituire un pericolo per il nostro Pianeta.
Un impatto tristemente famoso. La scelta della data non è casuale. Il 30 giugno del 1908, all'incirca alle 7 del mattino, un frammento roccioso dalla natura non meglio specificata esplose a 5-10 km dal suolo sopra al Podkamennaya Tunguska, un fiume della Siberia centrale. L'evento di Tunguska liberò un'energia equivalente a quella di 185 bombe di Hiroshima e generò un terremoto di grado 8 della scala Richter, abbattendo almeno 60 milioni di alberi su una superficie di 2.150 km quadrati.
NEO: a che punto siamo. Al gennaio 2019 erano 19.363 gli asteroidi near-Earth individuati e, tra questi, 1.955 sono considerati potenzialmente pericolosi. La minaccia principale è costituita dalla popolazione di oggetti celesti di media dimensione, di diametro compreso tra qualche decina e qualche centinaia di metri: l'impatto di uno di questi massi potrebbe danneggiare una città o un'area densamente popolata, e la maggior parte di essi non è ancora stata scoperta, come si vede nell'infografica qui sotto. Gli oggetti di dimensioni superiori ai 300 metri di larghezza sono più facili da individuare e sono stati in gran parte già localizzati.
Piano di difesa. Se la scoperta di un oggetto che minaccia di intersecare l'orbita terrestre e avvicinarsi pericolosamente al nostro Pianeta avviene precocemente, è possibile stimare con buona probabilità l'eventuale luogo di impatto e organizzare misure di evacuazione della popolazione.
L'individuazione di NEO che possano costituire una minaccia segue un iter ben preciso. Le segnalazioni di agenzie spaziali, sonde, telescopi, compagnie spaziali private o astroamatori convogliano al Minor Planet Center (MPC), l'organizzazione incaricata dall'Unione Astronomica Internazionale di raccogliere e conservare i dati sui corpi celesti minori del Sistema Solare, calcolarne l'orbita e rendere pubbliche queste informazioni.
L'analisi del livello di rischio che questi oggetti comportano e degli effetti di un eventuale impatto sono affidati al NEOCC (NEO Coordination Centre) dell'Agenzia Spaziale Europea con sede a Frascati, in Italia, e al Center for Near-Earth Object Studies (CNEOS) della NASA.
Dalle loro osservazioni incrociate si deduce se sia il caso di diffondere un allarme alle autorità civili nazionali delle aree interessate, alle Nazioni Unite o ad altre istituzioni in grado di coordinare evacuazioni e soccorsi (una prova generale di questa catena di operazioni effettuata lo scorso maggio non è andata benissimo: dobbiamo lavorare sulla tempestività delle informazioni).
Una risorsa preziosa. In occasione dell'Asteroid Day 2019, l'ESA ha presentato la missione HERA, la prima sonda che farà visita a un asteroide doppio - il sistema Didymos, tra le migliaia di oggetti celesti che potrebbero costituire un pericolo per il nostro Pianeta. La missione, sulle cui sorti si prenderà una decisione definitiva a novembre, dovrebbe chiarire se si possa deviare un simile masso spaziale, nel caso rischiasse di impattare con la Terra.
A spiegare il progetto nel video qui sotto (in inglese, con i sottotitoli in italiano) è una guida d'eccezione: Brian May, chitarrista-astrofisico dei Queen. Laureato in Fisica e Astronomia dell'Imperial College London, May ha conseguito un dottorato in Astronomia all'infrarosso che ha completato nel 2007, a 60 anni, dopo la lunga "parentesi" dedicata alla carriera musicale. Nel 2015 ha collaborato alla missione New Horizons.