Dopo la delusione dello scorso 29 agosto, e dei successivi tentativi, quando la partenza di Artemis I fu rinviata per un problema a uno dei 4 motori RS-25, il momento tanto atteso è arrivato alle ore 7:47 (ora italiana) di oggi 16 novembre 2022: l'enorme razzo Sls (Space Launch System), un bestione alto ben 98 metri con a bordo la capsula Orion (in questa occasione, priva di equipaggio umano), si è staccato come da programma dalla rampa di lancio del complesso 39 del Kennedy Space Center in Florida (Usa). È dunque iniziata, ora per davvero, la missione Artemis I, una missione storica.
La destinazione è infatti la Luna a 450mila km di distanza. O meglio, una serie di orbite che la Orion, che nel frattempo si sarà staccata dall'Sls, compirà attorno al nostro satellite naturale (con ampiezze diverse), prima di riprendere la via di casa, circa 25 giorni più tardi, l'11 dicembre, dopo avere percorso un totale di circa 2.100.000 km.
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La missione in breve. Perché è cosi importante una missione dimostrativa senza equipaggio che durerà soltanto 25 giorni, dal 16 novembre all'11 dicembre?
Beh, prima di tutto, la missione non è così breve, sebbene siamo abituati a rover che girano su Marte per anni. Ma soprattutto la capsula Orion eseguirà precisamente le stesse manovre che in futuro verranno effettuate dagli astronauti a bordo della missione Artemis II che nel 2024 riporterà l'uomo in orbita lunare. Una cosa che non avveniva da più di 50 anni, dalla fine del programma Apollo.
Dalla sua riuscita dipende dunque il futuro della missione Artemis e il nostro ritorno sulla Luna. Ma come si svolgerà il viaggio della capsula Orion?
Dopo la partenza da Terra ed essere entrata per breve tempo in orbita terrestre bassa, la capsula Orion verrà spinta verso la Luna dal secondo stadio del razzo Sls. Nel momento in cui leggerete questa notizia, probabilmente la rotta Terra-Luna sarà già stata imboccata: il programma prevede che Orion lasci l'orbita terrestre dopo 1 ora e 38 minuti dal decollo (riguarda la partenza e scopri le varie fasi del lancio).
Quando Orion dopo qualche giorno raggiungerà il nostro satellite, effettuerà un volo radente (un flyby molto ravvicinato) a soli 100 km di altezza. A quel punto, il modulo di servizio, costruito in Europa e in Italia, accenderà i suoi motori inserendo Orion in orbita lunare. Si tratta di una cosiddetta "orbita retrograda distante", ovvero la capsula ruoterà in senso contrario rispetto alla rotazione lunare e a una distanza fino a 64.000 km dalla Luna (la Stazione Spaziale, per intenderci orbita a 400 km di altezza).
Si tratta di un record, rispetto al precedente di 16.000 km circa, raggiunto con la missione Apollo 13.
Nella prima settimana di ottobre, dopo circa un mese di orbite, Orion effettuerà un secondo flyby ravvicinato e si dirigerà verso casa. Successivamente il modulo di servizio (vedi foto che segue) si separerà da quello di comando (sono i due componenti della navicella Orion) e rientreranno in atmosfera: il primo brucerà, il secondo la attraverserà toccando i 40mila km/h di velocità, verrà rallentato da un paracadute e infine completerà il suo rientro l'11 ottobre con un bel tuffo nel mare al largo di San Diego (California).
La carica dei cubesat. A bordo non ci saranno astronauti in carne e ossa, ma tre manichini equipaggiati con una serie di sensori per raccogliere dati utili per le future missioni.
Del carico faranno parte inoltre 10 minisatelliti, cubesat, grandi come scatole di scarpe e destinati a svolgere vari esperimenti: Icecube, per esempio, che una volta in orbita attorno al nostro satellite naturale, userà uno spettrometro per studiare il ghiaccio lunare; NEA Scout, che dopo essere stato "liberato" si dirigerà, spinto da una vela solare, verso un asteroide per studiarlo da vicino.
L'unico componente di bordo a toccare il suolo lunare sarà il minisatellite giapponese Omotenashi, parte di una missione che ha l'obiettivo di dimostrare la possibilità di atterrare sulla Luna con un piccolo satellite a basso costo.
Il megarazzo. Se siete giunti fino a qui, vale la pena soffermarsi sul vero protagonista della partenza di oggi, il lanciatore Sls, alto 98 metri e con un diametro del primo stadio di 8,4 metri. È in grado di sprigionare una potenza di 39 meganewton e di lanciare verso la Luna 27 tonnellate di massa.
Si tratta di un lanciatore (vedi illustrazione qui sotto) che ha molto a che vedere con lo Space Shuttle. Come la navicella spaziale che fino al 2011 ha portato satelliti, telescopi e astronauti nello spazio, l'Sls ha motori principali RS-25 che bruciano idrogeno e ossigeno liquido. In più, come lo Shuttle, ha due booster laterali a combustibile solido.
Sia i motori principali del primo stadio sia i booster laterali sono riciclati dal programma dello Space Shuttle.
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Al momento ci sono almeno 16 motori RS-25 riciclati sufficienti per 4 lanci del Sls (che adopera 4 motori ciascuno) e booster per otto lanci. Dopodiché la Nasa produrrà nuovi motori e nuovi booster.
Artemis 1, 2 e 3. Come detto, questa è la prima di tre missioni che dovrebbero consentire di riportare gli Stati Uniti e i suoi alleati (tra i quali l'Europa, con l'Italia) sulla Luna.
Dopo Artemis I sarà infatti il turno di Artemis II (prevista per il 2024, con l'obiettivo di portare un equipaggio di astronauti a orbitare attorno alla Luna senza scendere sulla superficie) e a seguire Artemis III (non prima del 2025, con l'obiettivo dell'allunaggio).
Il nome Artemis – Artemide nella mitologia greca è la sorella di Apollo – richiama immediatamente alla mente il programma Apollo, che più di mezzo secolo fa consentì al genere umano di raggiungere uno dei traguardi più esaltanti si sia mai prefissato.
Ma, sottolineano alla Nasa, non si tratta semplicemente di un secondo tempo di quel film: con Artemis l'uomo torna dunque sulla Luna, esplorando parti a oggi sconosciute, ma si prepara anche per raggiungere la sua destinazione finale, Marte. Lo scopo è "imparare a vivere nello spazio", sfruttando le risorse della Luna per generare l'energia, costruire gli strumenti e produrre il cibo necessario per chi dovrà abitarci.
Lo spazioporto. Con Artemis III inizierà anche la parte più ambiziosa del progetto, cioè la costruzione del Lunar Gateway: si tratta di uno "spazioporto" in orbita attorno alla Luna, dove le navicelle spaziali potranno attraccare e darsi il cambio, in modo simile a quanto accade oggi sulla Stazione spaziale internazionale.
Per sbarcare sulla Luna da lì gli astronauti useranno una navetta, la Starship, e dopo essere sbarcati raggiungeranno la base permanente al polo sud (Artemis Base Camp) a bordo di jeep lunari.
La Nasa ha dichiarato ufficialmente che Artemis III non arriverà prima del 2025, ma anche l'ipotesi del 2026 potrebbe essere ottimistica.