Gli astronauti dell'Apollo 11 che tornarono dalla Luna avrebbero potuto portare con sé microorganismi viventi che si sarebbero poi riprodotti sulla Terra, con conseguenze sconosciute e possibili effetti catastrofici (pensiamo, ad esempio, a un virus lunare letale per gli umani): per questo la NASA predispose un piano di quarantena per il rientro di strumenti, persone, campioni e veicoli spaziali sul nostro Pianeta.
Funzionò? A giudicare dal fatto che siamo ancora tutti qui sembrerebbe di sì, ma in realtà fu efficace solo perché non era necessario: secondo uno studio pubblicato sulla rivista Isis che ha revisionato dei documenti della NASA non diffusi, la quarantena fu assolutamente inadeguata e, se ci fosse davvero stato qualche microorganismo pericoloso proveniente dalla Luna, si sarebbe diffuso senza alcuna difficoltà.
La NASA sapeva, ma tacque. Secondo quanto riporta l'articolo scientifico, la NASA era ben consapevole che la quarantena lunare non sarebbe servita a molto, ma non lo disse. Pubblicamente dichiarò che sarebbe riuscita a proteggere il Pianeta, e spese decine di milioni di dollari per costruire una sofisticata quanto inutile struttura, chiamata Lunar Receiving Laboratory, dove tutti gli oggetti e le persone provenienti dal nostro satellite sarebbero dovuti rimanere dopo la missione. «Nonostante tutta questa bellissima complessità, sono stati commessi alcuni errori fondamentali», sottolinea al New York Times Dagomar Degroot, autore dello studio.
Gli errori. Ispezioni e test successivi all'atterraggio dell'Apollo 11 rivelano che alcune cabine e autoclavi di sterilizzazione si ruppero o ebbero fuoriuscite; nelle settimane successive al ritorno dell'equipaggio, 24 lavoratori vennero esposti al materiale lunare e poi messi in quarantena. «Gli errori di contenimento furono nascosti al pubblico», scrive Degroot. Anche le procedure di emergenza del laboratorio (ad esempio come comportarsi in caso di incendio o problemi medici) prevedevano l'interruzione dell'isolamento.
Lo stesso ammarraggio mise a rischio il Pianeta: raggiunto l'oceano, i tre astronauti aprirono il boccaporto del modulo di comando per uscire: «Se fossero stati presenti microrganismi lunari capaci di riprodursi in acqua, saremmo stati fregati», commenta John Rummel, che lavorò come responsabile della protezione del Pianeta alla NASA.
Più attenzione per il futuro. Secondo Degroot questa tendenza a sottovalutare rischi importanti, seppur poco probabili, dando priorità a minacce più probabili ma con conseguenze meno catastrofiche, si è vista anche in altri campi come il cambiamento climatico, le armi nucleari e l'intelligenza artificiale.
Ora è importante capire cosa non ha funzionato nel 1969, specie in vista delle prossime missioni su Marte, luogo dove è più probabile che esista una qualche forma di vita.