Spazio

La Nasa è a corto di tute spaziali

Le poche tute per le attività extraveicolari, da impiegare da qui allo smantellamento della ISS, non sono tutte in perfetto stato: si lavora alle nuove, ma i tempi sono lunghi.

Se di recente avete visto un video d'archivio di una "passeggiata spaziale", una EVA (Extra-Vehicular Activity), forse ci avete pensato: le tute degli astronauti sembrano perfette per lavorare attorno alla ISS, ma non sono troppo ingombranti e rigide per quel futuro in cui dovremo muoverci su Marte o sulla Luna?

In effetti la Nasa sta investendo in una nuova generazione di tute, ma intanto quelle attuali sono concettualmente vecchie (benché costantemente innovate e dotate delle migliori tecnologie possibili) e, soprattutto, sono poche e potrebbero non bastare neppure per la Stazione spaziale.

Guardaroba ristretto. Secondo il rapporto 2017 dell'Ispettorato generale della Nasa, all'epoca rimanevano solamente 11 delle originali Extravehicular Mobility Units (EMU) - le 18 tute semirigide in uso dall'era degli Shuttle. Realizzarne di nuove ha costi proibitivi, ma quelle che ci sono potrebbero non bastare da qui al 2024 o 2028, quando la ISS sarà ufficialmente pensionata e dismessa.

Una delle ipotetiche fasi di collaudo della tuta Z-2 (tra i modelli futuri proposti dalla Nasa) nella piscina che gli astronauti utilizzano per simulare l'attività in assenza di gravità. © Nasa

Che fine hanno fatto? Delle 7 mancanti, 4 sono andate perse nelle tragedie del Challenger (1986) e del Columbia (2003), una nell'esplosione di un razzo di SpaceX nel 2015 e una in fase di test; la settima era un prototipo, non destinato a volare. Tra le restanti, due sono state progettate solo per le esercitazioni di terra e quattro (all'epoca del report) in revisione per problemi al sistema di ricircolo dell'acqua o in fase di certificazione.

Anche i privati si stanno interessando alla questione: qui, la nuova tuta per il "taxi" spaziale della Boeing. © Boeing

Corsa contro il tempo. La Nasa ha investito 10 anni e 200 milioni di dollari nella progettazione di nuove tute, ma per i prototipi bisognerà probabilmente aspettare il 2023, e se ci fossero dei ritardi si rischia addirittura di non fare in tempo a provarli sulla ISS (o, al contrario, di accelerare troppo i tempi, soluzione comunque pericolosa).

Se la vita della Stazione spaziale fosse estesa fino al 2028 (cosa che al momento pare possibile) ci sarebbe più tempo per i test, ma paradossalmente si potrebbe creare un grave problema di scarsità di tute.

Sovrasfruttate. Da progetto, le EMU dovevano tornare a Terra per la manutenzione al termine di ogni missione Shuttle. Ma con la fine del programma Shuttle e i costi stellari delle tratte cargo, attualmente restano sulla ISS anche per 5-6 anni (25 passeggiate spaziali), con l'unica manutenzione garantita, a bordo, dagli astronauti.

Dove si va? Per quel che ne sappiamo, all'origine del problema c'è anche una generale incertezza dell'Agenzia spaziale americana sui piani per lo Spazio: le EMU furono progettate con specifiche missioni in mente, ma le prossime tute, a che cosa serviranno di preciso? A tornare sulla Luna? Ad allenarsi sugli asteroidi? A costruire su Marte?

Neppure il recente annuncio del via al progetto Gateway sembra avere messo fine all'incertezza, e i pochi fondi a disposizione per lo studio di nuove tute sono dispersi su diversi progetti, anziché concentrati su di un unico programma. La carenza di tute, insomma, è anche una conseguenza della politica di "austerity" imposta alla Nasa delle ultime amministrazioni degli Stati Uniti, oltre che delle profonde incertezze sugli obiettivi e sulle strategie per Marte.

26 marzo 2019 Elisabetta Intini
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