Tracce di acqua salmastra sono state scoperte su Marte, relativamente vicino alla superficie. Ma se per le missioni umane dobbiamo aspettare almeno fino al 2030, perché non avvicinarsi ai misteriosi "solchi" con i rover già presenti sul Pianeta Rosso?
Vicino. In linea teorica, non è un problema di distanze. Curiosity si trova a una cinquantina di km da uno dei siti in cui sono state osservate le slope lineae, le strisce scure al cui interno sono visibili le tracce dei sali residui dell'acqua marziana. Eppure, non può spingersi fino ad analizzarle direttamente, a causa di trattati internazionali che limitano fortemente il suo campo d'azione.
Alla larga. Uno di questi è l'Outer Space Treaty, il Trattato sullo Spazio extra-atmosferico siglato nel 1967 che impedisce di inviare una missione umana o robotica vicino a una fonte d'acqua extraterrestre, per il pericolo di contaminarla con forme di vita del nostro pianeta.
Duri a morire. È noto che i microbi terrestri sono talmente resistenti da riuscire a sopravvivere anche in estreme condizioni di pressione e temperatura: alcuni di essi sono riusciti a vivere per due anni persino all'esterno della ISS. Benché sterilizzato prima della partenza, Curiosity potrebbe aver conservato qualche microrganismo terrestre sulla sua superficie, e i 225 milioni di km che ha compiuto per raggiungere Marte lo rendono tutto, fuorché "pulito".
Doccia pericolosa. Le aree sufficientemente calde o umide per ospitare la vita (come le calotte di ghiaccio polari, le regioni vulcaniche o, appunto, le nuove strisce di sali osservate dal Mars Reconnaissance Orbiter (Mro) sono pertanto off-limits. Per essere certi che Curiosity o Opportunity siano totalmente asettici, bisognerebbe bombardarli di radiazioni ionizzanti o portarli ad estreme temperature, un'operazione che finirebbe col danneggiarne irrimediabilmente le componenti elettroniche.
Robot alla seconda. Una possibile soluzione potrebbe essere costruire robot marziani in grado di assemblare nuovi rover davvero sterili (perché mai entrati in contatto con la Terra) sul posto, magari con stampanti 3D. La Nasa sta già lavorando a soluzioni di questo tipo, anche per aprire la strata a futuri cosmonauti marziani.
Lo zampino dell'uomo. Gli eventuali equipaggi umani dovrebbero affrontare lo stesso problema: se dovessimo arrivare su Marte, inevitabilmente finiremmo per contaminarlo con microbi terrestri, contravvenendo alle attuali convenzioni internazionali. Ma a quel punto potremmo forse osservare l'acqua marziana con i nostri occhi.