Spazio

A caccia di virus nello spazio

Secondo alcuni astrobiologi la ricerca della vita extraterrestre passa attraverso la scoperta delle più elementari forme biologiche note.

La ricerca della vita al di fuori del nostro pianeta sconta una serie di difficoltà di cui gli astrobiologi sono ben consapevoli. Prima di tutto abbiamo un solo esempio di "vita": quella che conosciamo. Secondo, non sappiamo bene quale possa essere la biologia su altri pianeti e dobbiamo dunque rifarci ancora a quella della Terra e a quanto "prodotto" dai suoi abitanti. Forse per queste ragioni gli astrobiologi limitano la loro ricerca a forme di vita più diffuse che conoscono: per esempio i batteri.

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Gli archei (Archaea) sono microrganismi elementari le cui cellule sono senza nucleo (procarioti): nel "cosmo" dei micorganismi, sono i più antichi. Scoperti alla fine degli anni '70, erano inizialmente associati agli ambienti più estremi per la vita, ma in seguito sono stati trovati in tutti gli habitat. Le relazioni di parentela (filogenesi) ed evolutiva tra procarioti (archei e batteri) ed eucarioti - i due domini in cui sono suddivisi gli organismi viventi - non sono tutt'oggi chiare: tuttavia, i più recenti studi ipotizzano che gli archei siano all'origine della nascita delle cellule eucariote, il dominio della vita che include gli organismi dotati di nucleo, ossia gli unicellulari (protisti) e i multicellulari (le piante, i funghi, gli animali e quindi noi stessi). © Focus.it / img. WikiMedia

Ma Kennet Steadman, dell'università di California a Berkeley e del Virus focus group dell'Istituto di astrobiologia della Nasa, propone in un articolo su Astrobiology (qui l'abstract, in inglese) di allargare un po' lo sguardo e cercare sugli altri pianeti non solo i batteri ma anche, e soprattutto, i virus. Queste "entità biologiche", che non si è ancora deciso se sono viventi o meno, sono presenti sulla Terra in numeri astronomici, e praticamente in tutti gli ambienti, dalle foreste ai poli, fino alle montagne più alte.

Super parassiti. La difficoltà a definire i virus come viventi deriva dal fatto che non sono indipendenti da altre specie: vivono infatti solo e soltanto come parassiti all'interno delle cellule di piante, animali, funghi e batteri, dove si moltiplicano in brevissimo tempo.

Un virus è costituito in genere da un filamento di Dna o Rna avvolto da una struttura fatta di proteine e altre molecole. Con vari metodi penetra la cellula da parassitare e "convince" il Dna presente a produrre altri virus. Il processo lascia tracce un po' ovunque, sotto forma di frammenti della struttura protettiva, di geni che restano nei batteri o negli altri esseri viventi che sono stati colpiti, oppure ancora di virus "interi" inattivi.

Nascita di una scienza. Poiché i virus stessi entrano in azione solo quando sono presenti le specie colpite, possono rimanere per decenni in uno stato inattivo e quiescente. È su questo che Stedman pensa di poter costruire il suo nuovo approccio alla ricerca della vita, che ha definito astrovirologia. A dire la verità, il nome e la proposta risalgono ad anni fa, al 2004, e il nome è stato usato anche da Dale Griffin, del Servizio geologico degli Stati Uniti.

Ma, va detto, la proposta di Stedman è aggiornata a completa. Secondo lui l'onnipresenza dei virus in tutto il pianeta, la loro diversità biologica ancora sconosciuta e l'impatto che hanno avuto nella storia della vita sulla Terra (sono stati importanti anche nell'evoluzione e per i cicli biogeochimici del pianeta) fa sì che si possa pensare che potrebbero essere presenti anche in ecosistemi di altri pianeti.

Illustrazione per 2061: Odissea tre ( Arthur C. Clarke, 1987), terzo libro della serie Odissea nello Spazio. In questo episodio, misteriose creature fanno arrivare sulla Terra un messaggio: "Tutti questi mondi sono vostri, tranne Europa: non mettete piede su Europa!"... © Thomas Du Crest

Tutti questi mondi sono vostri... Stedman afferma per esempio che negli oceani della Terra ci sono almeno 10 elevato alla 31ma (1 seguito da 31 zeri) particelle virali e quindi presume che non sarebbe difficile scoprirne anche negli oceani di Europa, una luna di Giove che si pensa possa esser coperta di un oceano d'acqua. Sempre secondo Stedman, numerose tecniche analitiche, dalla Pcr al rilievo di molecole proprie dei virus, come le proteine della capsula o il Dna, potrebbero portare alla scoperta di frammenti di virus. Che infine, sempre secondo Stedman, sarebbero il primo passo per giungere alle cellule viventi di cui i virus si nutrono.

Curiosità: virus al microscopio. © Jean-Yves Sgro/Visuals Unlimited/Corbis

E se la vita... È una proposta interessante, ma che deve affrontare un problema. Siamo proprio certi che gli esseri biologici (che siano viventi o meno) che potremmo trovare nello spazio siano così simili a quelli che conosciamo? Siamo sicuri che il materiale per immagazzinare informazioni atte a costruire un corpo sia del tutto uguale a quello che esiste nei corpi degli abitanti della Terra, cioè gli acidi nucleici (Dna e Rna)? Come possiamo sapere che struttura, metabolismo e composizione siano comparabili a virus, batteri, archea, animali, funghi e piante?

Nessuno ha ancora studiato seriamente come potrebbe essere fatta "un'altra vita", cioè un essere vivente che non si basa, come noi, su una o più cellule, un nucleo con materiale genetico e un modo di utilizzare l'energia come la fotosintesi o dal mangiare le piante e i loro prodotti. Per non parlare della vita non basata su carbonio e acqua.

In base alle premesse dell'astrovirologia dovremmo solo sperare che l'evoluzione e la nascita della vita abbiano trovato nel Sistema Solare e in tutto l'Universo le stesse soluzioni agli stessi problemi.

25 gennaio 2018 Marco Ferrari
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