Nell'era di Facebook, dell' iPad e di Avatar anche il dottor Frankenstein si evolve, e invece che cercare l’immortalità trapiantando cervelli nei cadaveri si siede al computer e inizia a programmare. Può sembrare incredibile, ma negli ultimi anni molte aziende hanno iniziato ad investire nello sviluppo di sistemi di archiviazione cerebrale, una sorta di copia elettronica dei nostri ricordi, delle nostre esperienze e delle nostre conoscenze che possa dar vita a un "io digitale" in grado di sopravvivere al nostro corpo e far esistere un po' di noi anche dopo l'inevitabile trapasso.
Copiarsi online
"Poter installare se stessi in un computer, potrebbe significare vivere per sempre" ha dichiarato alla rivista New Scientist Rick Meyer, ricercatore presso Lifenaut, azienda americana che sta cercando di costruire il primo di questi cloni digitali.
Dobbiamo quindi aspettarci una generazione di computer capaci di pensare e agire come noi, animati da veri sentimenti degni del peggior film di fantascienza? No, almeno non nell’immediato.
Sul sito di Lifenaut per esempio è possibile costruire, per ora gratuitamente, il proprio alter ego digitale: si carica la propria foto, si inseriscono video, immagini e altri documenti personali come corrispondenza e diari, e si risponde a quasi 500 domande sulla propria personalità. Il risultato finale dovrebbe essere un avatar animato elettronicamente che ha la nostra faccia e che è capace di descrivere, attraverso un sintetizzatore vocale, alcuni eventi chiave della nostra vita, per esempio il giorno del nostro matrimonio. Troppo poco? Se siete disposti a pagare potete avere molto di più.
Altre aziende hanno infatti sviluppato sistemi più evoluti che permettono di ottenere alter ego digitali molto più realistici: Image Metrics per esempio scatta una serie di foto ad alta risoluzione del volto di chi vuol farsi "clonare" digitalmente, ciascuna con un espressione diversa, e poi calcola le differenze tra queste immagini grazie a un potente algoritmo matematico. In questo modo riesce ad ottenere un’animazione e un’espressività molto più realistiche. Alla modica cifra di 300.000 euro.
Oltre la faccia c'è di più
Ma secondo una ricerca condotta dall’Università della Florida la personalità del clone e il suo comportamento sono molto più importanti del suo aspetto fisico. Secondo i ricercatori ciò che rende realistico e credibile l’avatar sono i dettagli: per esempio alcuni movimenti caratteristici, come inarcare un sopracciglio, tenere le mani in una certa posizione o corrugare la fronte.
Il prossimo passo sarà quello di rendere le copie digitali capaci di sostenere una conversazione
Lifenaut si spinge oltre, e per ogni avatar mette a disposizione un chatbot personalizzato che utilizza il vostro linguaggio e le vostre espressioni tipiche. Pur non essendo un clone intelligente, riuscirà a dare all’interlocutore, magari a un vostro pronipote, l’idea di parlare proprio con voi.
Un reality lungo una vita
E la personalità? È possibile trasferirla a un avatar elettronico? Le 500 domande di Lifenaut non sono certo sufficienti: ecco allora che altre aziende, per esempio CyBeRev si affidano a questionari molto più complessi, parliamo di diverse migliaia di domande, messe a punto dal sociologi e psicologi con l’obiettivo di cogliere i tratti caratterizzanti di una persona: i suoi valori, i suoi credo, le speranze e gli obiettivi. Si tratta di un processo piuttosto impegnativo: se si trascorre un’ora al giorno a rispondere al questionario occorrono almeno 5 anni per arrivare alla fine.
Ma qualche migliaio di domande, una manciata di foto e qualche video possono ricostruire l’essenza di un persona? Probabilmente no. Ecco allora che qualcuno sta già pensando alla digitalizzazione totale della nostra vita. Gordon Bell, un ricercatore della Microsoft, ha messo a punto Lifelogger, una microtelecamera indossabile che registra buona parte delle giornate di chi la indossa. E Nigel Shabolt dell’Univeristà del Southampton si è spinto ancora oltre, sviluppando un software che geolocalizza queste immagini su una mappa e le integra con dati e commenti presi dai social network, dai siti visitati e dal diario personale della persona. E per tenere traccia delle vostre emozioni vi misura costantemente il battito cardiaco.
Esisto, quindi sono (digitale)
Affascinante e agghiacciante. Ma questi cloni digitali, avranno mai un autocoscienza? Saranno cioè mai capaci di rendersi conto che "esistono"? Secondo Raùl Arrabates dell’Università Carlo III di Madrid sviluppare una macchina con la percezione di sé pari a quella di un bambino di un anno sarebbe già un enorme successo. "L’autocoscienza richiede l’interazione tra cervello, corpo e ambiente" spiega Antonio Chella, dell’Università di Palermo "quindi anche un’entità elettronica deve essere dotata di sensori che le permettano di interagire e percepire l’ambiente esterno". Ecco perché alcuni ricercatori stanno pensando di intergare un robot umanoide con un clone digitale alla Lifenaut.
Per realizzare una macchina autocosciente e dotata di una personalità umana occorreranno ancora molti sforzi. David Hanson, fondatore di Hanson Robotics ha lanciato una sfida ambiziosa: grazie alla collaborazione di tutti i ricercatori che si stanno affrontando questa materia vuole arrivare a realizzare, entro il 2019, un robot che abbia la creatività di un essere umano e forse anche oltre. Che si stia per aprire l’era dei Mozart e dei Leonardo fatti di chip?
E tu? Ti faresti fare un clone digitale? Partecipa al nostro sondaggio.