
Quel che hanno realizzato i
giapponesi in queste settimane potrebbe
rivoluzionare il futuro delle
riserve energetiche del nostro pianeta. Per la prima volta infatti, sono riusciti ad
estrarre gas metano dal “
metano idrato” o “
clatrato” al largo delle coste giapponesi, nella Fossa Nankai. I clatrati sono un composto formato da
molecole di metano e di acqua. Vari altri Paesi, dal Canada agli Stati Uniti fino alla Cina stanno cercando il modo di estrarre metano dal “metano idrato”, ma i primi a riuscirci sono stati i giapponesi. Se questa prova si trasformerà in estrazione vera e propria dei clatrati le potenzialità di avere a disposizione metano in grandi quantità rivoluzioneranno il modo di approcciarsi economicamente, politicamente e industrialmente a questo combustibile. Per avere un’idea più precisa su cosa sono i clatrati va detto che si tratta di
solidi in cui molecole di gas occupano delle gabbie composte da molecole d’acqua (unite tra loro da “legami idrogeno”). Essi si trovano certe
profondità nei
fondali oceanici dove le temperature e le pressioni trasformano l’acqua in ghiaccio il quale trattiene il metano che si produce dagli organismi presenti sui fondali stessi. Si stima che, in condizioni di temperatura e pressione normali, un metro cubo di idrato produca circa 160 metri cubi di metano, e circa 0.87 metri cubi di acqua.
Si forma da organismi viventi

La formazione del metano in idrati è dovuta principalmente a due fattori: “Il primo è quello “
termogenico” –spiega Raffaele Gargiulo, dello Stato Maggiore Difesa e altri colleghi- in

dettagliato articolo-. In questo caso il gas si origina in seguito
all’alterazione termica della
materia organica contenuta nelle rocce madri nel corso del loro progressivo sprofondamento nei bacini sedimentari. Durante la “catagenesi”, ossia laprincipale fase di formazione dell’olio, vi è produzione di gas umidi costituiti da metano con consistenti quantità (fino al 40%) di idrocarburi, il secondo è “
biogenico”. Il gas viene prodotto dalla decomposizione della materia organica per attività dei
batteri metanogenici che operano grosso modo dall’interfaccia acqua-sedimento fino a qualche centinaio di metri di profondità”. Poiché le condizioni migliori affinché si formino i clatrati si trovano sul bordo dei continenti è qui (come si vede dalla carta qui a fianco) che si trovano i principali depositi.
Molto
complessi sono i
sistemi necessari per l’estrazione del metano senza che questi sfugga nell’atmosfera. Gli ingegneri giapponesi hanno usato un sistema definito di “
depressurizzazione” che trasforma il metano idrato in metano gassoso. Dai primi risultati, che sembrano estremamente positivi, è possibile, secondo i ricercatori, arrivare ad una produzione continua di metano ento 5 anni.
Pericoli nell'estrazione

“L’eventuale estrazione del gas metano dagli idrati presenta delle problematiche non indifferenti. Il passaggio di fase (dalla fase solida a quella liquida e gassosa) del metano all’interno dei sedimenti, genera instabilità dei versanti sottomarini. Il prelievo di ingenti quantità di gas naturale dissociato dai gas idrati solidi, può contribuire a generare sovrappressioni (aumento del carico della colonna d’acqua) che determinano la diminuzione della resistenza meccanica dei sedimenti, i quali tendono perciò a scivolare lungo il versante con il danneggiamento delle strutture estrattive e delle coste adiacenti, ad opera di eventuali onde di maremoto”, spiega ancora Gargiulo. Un’ulteriore interazione con l’ambiente è quella dovuta all’immissione periodica nell’oceano di gas metano, proveniente dalla dissociazione di idrati, e il conseguente aumento di metano nell’atmosfera. Sebbene questo gas naturale sia un componente minoritario dell’atmosfera, esso ha un potenziale “effetto serra” almeno dieci volte superiore a quello dell’anidride carbonica.