Nel mondo ogni 100.000 bambini nati circa 20 potrebbero soffrire di emofilia. Una malattia che se non curata può diventare letale. La Federazione delle Associazioni Emofiliaci ha indetto una giornata, il 17 aprile, per far conoscere una malattia che in Italia riguarda circa 5.000 persone.
Cellule del sangue al microscopio. Il sangue degli emofiliaci non si coagula per colpa di un deficit genetico, che non permette all'organismo di produrre tutti i fattori coagulanti necessari. |
Il 17 aprile si svolgerà la giornata Mondiale dell'Emofilia, organizzata dalla Federazione Associazioni Emofiliaci Onlus che, attraverso eventi e iniziative, punta a far conoscere la realtà di una malattia molto poco conosciuta ma che in Italia colpisce una persona su diecimila. Come agisce dunque questa terribile patologia? Cerchiamo di fare più chiarezza.
Come si sviluppa la malattia
L'emofilia è una malattia ereditaria causata da un gene difettoso che impedisce all'organismo di sintetizzare, in modo corretto, uno dei fattori essenziale per la coagulazione del sangue: il fattore VIII nell'emofilia A che è la più diffusa; e il fattore IX nella B.
Il processo che porta al "condensamento" del sangue durante una emorragia, è infatti governato da diversi fattori coagulanti, proteine prodotte dal fegato. Ma se malauguratamente uno di questi non funziona, il sangue non riesce a “indurirsi”: anche piccoli traumi si trasformano in pericolose e inarrestabili emorragie. Nei casi più gravi, addirittura, l'emorragia porta allo shock ipovolemico: una fatale riduzione del volume di sangue nel corpo.
La minaccia dentro
Il vero pericolo però sono le emorragie interne spontanee che si verificano a livello di articolazioni, muscoli o tessuti molli. Nei casi più gravi - come le emorragie celebrali - possono portare alla morte dei pazienti. In altri casi, quando colpiscono frequentemente le articolazioni, causano una certa rigidità dei movimenti e persino l'invalidità. Un malato grave (con un fattore di coagulazione inferiore all' 1%) può arrivare ad avere anche tre emorragie spontanee al mese.
Cure antiche e "effetti collaterali"
Per evitare le forme più acute di emorragia (e quelle spontanee in genere) occorre seguire una prevenzione continua che prevede l'auto-somministrazione dei fattori della coagulazione. In passato occoreva recarsi in ospedale o centri attrezzati, ma dagli anni '60 gli emofiliaci possono curarsi a domicilio, grazie a concentrati plasmatici prodotti con complesse operazioni di frazionamento del sangue. Sicuramente questi farmaci hanno migliorato la vita dei malati, ma per il fatto di essere derivati dal sangue dei donatori (tecnicamente emoderivati), questi farmaci possono traportare virus.Infatti, sono molti gli emofiliaci - 3.500 soltanto in Europa - che sono stati infettati dal virus dell'HIV trasmesso attraverso gli emoderivati. Molti di più sono quelli che hanno preso l'epatite A e B, nonostante oggi ci siano maggiori controlli sui donatori di sangue.
Per ridurre o evitare il ricorso agli emoderivati umani o animali è stata fondamentale la ricerca genetica. Attualmente il 56% degli emofiliaci può avvalersi di una cura molto meno pericolosa di prima, con i concentrati del cosiddetto “fattore VIII ricombinante”, ottenuto con piccolissime quantità di plasma umano attraverso la tecnologia del DNA ricombinante.
Nonostante il miglioramento delle condizioni dei malati, la profilassi non è un metodo che porta alla guarigione, punta solo a prevenire e limitare i danni della malattia. L'unica cura definitiva dell'emofilia che esiste oggi è il trapianto di fegato, l'organo responsabile della maggior parte dei fattori coagulanti, ma è una soluzione molto poco diffusa, vista la scarsità dei donatori.
Le maggiori speranze per il futuro sono rivolte verso la genetica. La terapia genica potrebbe permettere, infatti, l'introduzione del gene “normale” per la produzione del fattore VIII. In questo modo, in via definitiva, sarebbe corretto il difetto di coagulazione: l'organismo sarà in grado di sintetizzare autonomamente il fattore mancante.
Portatrici sane
Secondo l'Organizzazione Mondiale della sanità nel mondo sono 40.000 le persone colpite da emofilia, in maggioranza uomini. Questa malattia si sviluppa, infatti, per un difetto del cromosoma X. Le donne, avendone due (XX), possono correggere la mancanza del gene con il secondo cromosoma X. Così le donne trasmettono il gene “malato”, ma nella maggior parte dei casi non si ammalano.
Inoltre esistono diverse forme - più o meno gravi - della malattia in base alla quantità di fattore della coagulazione presente nel sangue. Se la presenza di questo "collante" è inferiore all'1% la forma è decisamente grave e e la si può diagnosticare fin dal primo anno di vita. Ci sono forme più moderate (con valori tra il 2% e il 5%) e non la si riesce a scoprire (attraverso complessi esami) che dopo l'adolescenza.
Esiste infine la forma molto lieve che richiede un trattamento medico solo in occasione di interventi chirurgici o grossi traumi.
Coagulare la lotta alla malattia
Dal 1969 la Federazione delle Associazioni Emofiliaci opera nel campo dell'assistenza agli emofiliaci, favorendo la nascita di associazioni locali e di centri medici specialistici. Ed è anche la promotrice della giornata del 17 aprile e della raccolta fondi attraverso SMS.
Negli ultimi anni ha assunto la fondamentale funzione di promozione e coordinamento delle attività rivolte al miglioramento della vita clinica e sociale degli emofiliaci in Italia e al potenziamento della ricerca scientifica nel campo.Oggi ha anche un importante ruolo informativo ed educativo. Non solo cercando di far conoscere la malattia a tutti, ma anche facendosi promotrice di ricerche sugli emofiliaci e sulla vita difficile che conducono. Molto spesso infatti, i parenti e le persone che vivono a più stretto contatto con gli emofiliaci hanno bisogno di un aiuto, sia medico, sia psicologico. L'associazione attraverso le sue strutture su tutto il territorio nazionale (circa 47 centri) garantisce un sostegno ai malati e alle loro famiglie.
(Notizia aggiornata al 6 aprile 2005)