Un virus non è che una collezione di geni impacchettata in un involucro proteico: per funzionare e infettare l'ospite, ha bisogno di occupare una cellula, prenderne il controllo e usarla per creare nuove copie di se stesso. Usciti da questa "fabbrica", i patogeni di seconda generazione cercano nuove cellule da hackerare, e il meccanismo si ripete.
Funziona così per tutti i virus, da Ebola a quello dell'influenza. Ma ora gli scienziati dell'Università di Montpellier (Francia) ne hanno scoperto uno che fa eccezione. Un virus che infetta gli ortaggi e che si diffonde attraverso i morsi degli afidi, il Faba bean necrotic stunt virus (FBNSV), suddivide i suoi geni in otto segmenti, ognuno dei quali protetto da un capside (l'involucro proteico).
Sparpagliati. I biologi sono ora giunti alla conclusione che questi pezzi separati si riproducono pur infettando cellule diverse. Anche se il virus ha bisogno di tutte le sue componenti per funzionare, non gli serve che si trovino nello stesso posto: vive un'esistenza distribuita, con frammenti di materiale genetico divisi tra diverse cellule ospiti, che non si riuniscono mai.
Questa strategia riproduttiva era totalmente sconosciuta ai virologi. FBNSV fa parte dei cosiddetti virus multipartiti, i più complessi e difficili da realizzare, perché disseminano i propri geni in capsule diverse. Finora si pensava che, per replicarsi, questi patogeni dovessero fare in modo che tutti i segmenti si trovassero nella stessa cellula, ma nel 2012, uno studio dimostrò che le probabilità che questo accada sono troppo basse, per un virus che abbia più di tre o quattro frammenti.
Con queste premesse, FBNSV non avrebbe mai dovuto evolversi. E se fossimo noi, che ci stiamo perdendo qualcosa? Forse - ha ipotizzato Stéphane Blanc, a capo del team di ricerca - questo virus non ha affatto bisogno di riunire tutti i segmenti. I ricercatori hanno contrassegnato ciascun frammento genetico con una molecola di diverso colore, e poi hanno osservato le cellule delle piante infettate al microscopio, per vedere se in ciascuna di esse vi si trovassero più colori: non succedeva quasi mai.
Scambio proficuo. Non solo: nelle diverse specie di piante, i livelli di riproduzione dei vari segmenti non erano bilanciati, ma proseguivano a ritmi diversi. A questo punto è sorto un altro problema: se ogni segmento genetico codifica per una diversa funzione (la formazione del capside, la copia del DNA...), come può una cellula infettata svolgere il suo compito, se le mancano dei pezzi di istruzioni? Il team ha scoperto che se i geni che codificano restano confinati in cellule diverse, le proteine prodotte con le loro istruzioni possono migrare da una cellula all'altra, e tappare i buchi nella catena di replicazione.
Flessibilità. Un'ipotesi è che questa migrazione sia particolarmente facile solo fra le cellule delle piante, e che sia anche per questo che i virus multipartiti praticamente non si osservano, tra gli animali. Questa bizzarra esistenza deve pur avere un vantaggio evolutivo, e Blanc potrebbe averlo intuito.
All'interno delle piante della stessa specie infettate dal virus FBNSV, le proporzioni nelle replicazioni dei diversi segmenti rimangono sempre più o meno costanti. Quando però la specie cambia, cambia anche la "formula genetica": alcuni segmenti favoriti in altre specie vengono replicati di meno, e viceversa.
Si pensa che questo sia, per i virus, una tecnica per adattarsi ad ambienti diversi. Anche gli animali lo fanno, moltiplicando le copie dei geni più importanti per una determinata funzione. Poiché i virus sono entità molto piccole, con capsidi che hanno spazio per piccoli segmenti genetici soltanto, questa distribuzione separata è molto più agile.
Un nuovo modo di ragionare. La scoperta potrebbe cambiare il modo di studiare virus che ci interessano da vicino, come quello dell'influenza: anche il suo materiale genetico è diviso in otto segmenti, che però sono impacchettati all'interno dello stesso capside. Fino a pochi anni fa si pensava che ogni capsula proteica contenesse l'ottetto completo, ma nel 2013 si è scoperto che non è così. Il 90% dei capsidi è mancante di almeno un segmento. Il confine tra virus normali e multipartiti potrebbe essere più fluido di quanto si credesse.