Il radar, studiato fin dai primi del ‘900, è stato definitivamente sviluppato durante la Seconda Guerra Mondiale per l’intercettazione a distanza degli aerei nemici. Utilizza onde elettromagnetiche appartenenti allo spettro delle onde radio o microonde e, dall'analisi del segnale riflesso da un oggetto colpito, consente di ricavare la posizione e la velocità dell'oggetto stesso.
Questione di dimensioni. Per le vetture senza conducente il radar fa da organo della vista: insieme a telecamere e ad altri sensori permette al sistema auto di sapere che cosa c'è nei suoi dintorni affinché possa adattare di conseguenza il proprio comportamento.
Fino ad oggi tecnici e scienziati hanno sempre ritenuto che la risoluzione (il livello di dettaglio) delle immagini ottenute dai radar fosse proporzionale a un parametro (la frequenza delle onde radio impiegata) che a sua volta incide, da un punto di vista pratico, sulle dimensioni dei radar: in estrema sintesi, per ottenere immagini più dettagliate occorre usare una gamma di frequenza più alta, ma per ottenere questo servono radar più ingombranti (e costosi). Al contrario per un'auto a guida autonoma servirebbe invece un radar di dimensioni (e costi) contenuti, in grado di rilevare anche oggetti piccoli e veloci.
E l'affollamento? Inoltre c’è il problema dell'uso delle frequenze: oggi le auto in circolazione che si affidano alla tecnologia radar sono ancora poche, ma cosa succederà tra qualche anno quando - secondo molti analisti - saranno la totalità o la quasi totalità? Dovranno competere tra loro per assicurarsi le frequenze radio necessarie?
Pavel Ginzburg della School of Electrical Engineering dell’Università di Tel Aviv ha recentemente proposto un approccio completamente nuovo alla tecnologia radar, che permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione senza vincoli sulla frequenza impegnata.
La nuova tecnologia sfrutta un principio (la coerenza delle onde elettromagnetiche) che ha consentito di costruire un radar in grado di ottenere immagini in alta definizione anche con segnali a bassa frequenza, dunque a costi più contenuti. Inoltre, rispetto ai radar "tradizionali", questa nuova tecnologia occupa solo una piccola porzione dello spettro elettromoagnetico, allontanando dunque i rischi di sovrapposizioni di segnale anche in un futuro in cui le auto a impiegare questa tecnologia saranno molto numerose.
Altre applicazioni. Altro punto di forza di questa innovazione è che può essere applicata fin da subito anche tutti gli impianti radar esistenti, senza bisogno di grandi interventi di aggiornamento o sostituzione. Lo studio di Ginzburg è stato pubblicato lo scorso 29 marzo su Nature Communications. Gli scienziati pensano ora di estendere i risultati del loro lavoro anche ad altri campi come la ricerca di persone sepolte sotto frane o crolli.