Perché cercare di uccidere virus come l'Hiv con farmaci quando si potrebbe approntare per loro una trappola chimica? Due team di ricercatori, indipendentemente l'uno dall'altro, stanno cercando di individuare un metodo per costruire trappole di questo genere: utilizzando un piccolo inganno molecolare pensano, infatti, che si possa indurre i virus a entrare in cellule-esca nelle quali verrebbero imprigionanti definitivamente.
Susanna Trave, 23 ottobre 2007
(figura 1, clicca per l'immagine ingrandita) Tutte le cellule hanno, sulla loro superficie, molecole con residui di zuccheri (glicani) alcune delle quali si pensa servano per comunicare tra loro, ma che sono utilizzate anche dai virus per insinuarsi al loro interno. Nel caso dei globuli rossi, esiste una glicoproteina, chiamata glicoforina A, che risulta essere anche un sito di attacco per molti virus e batteri. |
La strategia è tanto perfida quanto diretta ed efficace: tendere una trappola ai virus inducendoli a entrare nelle cellule "sbagliate", nelle quali il microrganismo non troverebbe le strutture necessarie alla sua replicazione e, quindi, alla sua sopravvivenza. I trabocchetti chimici, peraltro, sembrano essere già presenti in natura: nel 1999, Gagneux e Ajit Varki, della University of California di San Diego, speculando sulla funzione dei glicani di superficie degli eritrociti (globuli rossi), ipotizzarono che tali molecole potessero servire ad adescare i virus confinandoli all'interno delle cellule del sangue dove non possono riprodursi (vedi figura 2).
Un'ipotesi molto promettente
L'idea che i globuli rossi possano funzionare da trappole naturali per i patogeni è promettente, ma rimane, per ora, solo un'ipotesi. Robert Finberg, della University of Massachusetts Medical School, a Worcester (Usa), ha però voluto verificare se queste cellule possono essere, in qualche modo, indotte a fungere da esca per virus. Insieme con il suo team ha perciò modificato geneticamente alcuni topi affinché producessero eritrociti con un recettore insolito sulla loro superficie, il CAR, utilizzato anche dal virus umano coxsackie B (CVB), ed ha poi esaminato in vitro la capacità di questi di eliminare il virus. I risultati sono stati sorprendenti: gli eritrociti con CAR riducevano nelle colture i livelli del CVB del 90% in soli 10 minuti, e lo eradicavano completamente in un'ora.
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Non solo, ma anche in vivo, dove si pensava che il virus avrebbe potuto invadere gli organi che presentano naturalmente recettori CAR prima che i globuli rossi potessero intervenire, non è stato così. Dopo 24 ore dall'esposizione di topi al CVB, tale virus circolava "libero" nel plasma degli animali normali, mentre si era concentrato nei globuli rossi dei topi geneticamente modificati. E dopo 72 ore la carica virale in questi ultimi era soltanto il 10% rispetto a quella dei topi normali.
Trappole ecologiche
Anche un secondo gruppo di ricercatori, guidato dall'ecologista Paul Turner, della Yale University, ritiene possibile riprodurre il meccanismo delle cosiddette "trappole ecologiche". Gli studiosi hanno quindi creato un mini-ecosistema con un batterio, lo pseudomonas phaseolica, e un virus, chiamato phi 6, che lo infetta. È stata poi esaminata la sopravvivenza dei virus in provette contenenti pseudomonas normali e diverse quantità di un ceppo mutante dello stesso batterio al quale il phi 6 è in grado di legarsi, ma nel quale non è in grado di penetrare per riprodursi. In effetti, maggiore era la quantità di batteri trappola mutanti, minore era il tasso di replicazione virale, tanto che una miscela al 50% è in grado di sconfiggere completamente i virus.
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Secondo Turner la brillante strategia potrebbe essere utilizzata, in futuro, nella lotta a virus come l'HIV, il quale infetta i linfociti T helper utilizzando un recettore proteico denominato CD4. Infatti, Se si riuscissero a ottenere globuli rossi con CD4 sulla propria superficie, il virus verrebbe facilmente attirato e "intrappolato" in cellule che non consentono la sua riproduzione, determinandone una rapida estinzione. E sebbene la trappola, da sola, potrebbe non essere sufficiente per sconfiggere un virus tanto prolifico quanto evasivo qual è l'Hiv, potrebbe comunque ridurre la carica virale tanto da permettere al sistema immunitario dell'ospite di riprendersi; inoltre, fattore di non poca importanza in campo infettivologico, è difficile immaginare come il virus potrebbe sviluppare una resistenza alla trappola.
Nanoparticelle in soccorso
Le trappole per virus, quindi, funzionano. Ma c'è una bella differenza tra il creare topi transgenici e l'approntare globuli rossi "esca" per utilizzo umano. Così i ricercatori hanno già rivolto la loro attenzione a strutture sintetiche. Il nuovo obiettivo è quello di sviluppare nanoparticelle ricoperte con recettori per i virus che possano essere prodotte velocemente e in grande quantità. A breve si prevede che inizieranno esperimenti con le nanotrappole per determinare, innanzitutto, i migliori materiali con cui costruirle e a quali dosi utilizzarle: tra i possibili candidati ci sono polimeri biodegradabili, ossido di ferro e magnetite.