L'arte di curare è antica quanto l'uomo. Trapanazione cranica, medicina magico-religiosa e uso dei rimedi naturali sono attestati da reperti giunti a noi fin dalla preistoria. Pratiche oggi impensabili a cui però in moti riuscivano a sopravvivere: persino tra gli Homo sapiens di 10mila anni fa, spesso curati con la perforazione del cranio.
È il caso di un uomo vissuto circa 7 mila anni fa, sepolto a Ensisheim, in Alsazia (Francia): il buco che gli era stato fatto sulla fronte era più grande di uovo, ma guarì. Oppure, come testimoniano i resti ritrovati recentemente, di due nobili fratelli dell'Età del Bronzo, vissuti in Israele 1.500 anni prima di Cristo: soffrivano di una malattia cronica, ma grazie al loro status ebbero entrambi accesso a operazioni al cranio alle quali sopravvissero per molti anni.
La trapanazione nel Medioevo. Grazie al ritrovamento, nella necropoli longobarda di Castel Trosino (Ascoli Piceno), di un teschio che mostra segni di chirurgia cranica, gli studiosi hanno potuto esaminare una delle testimonianze meglio conservate, mai rinvenute finora, di un'operazione al cervello.
Si tratta del cranio appartenuto a una donna benestante, sui cinquant'anni, vissuta nell'alto Medioevo (metà VI-VIII secolo), sottoposta a una serie di operazioni, tra cui un intervento chirurgico a forma di croce ben guarito, e un altro, effettuato poco prima che la donna morisse, forse un tentativo in extremis di salvarle la vita.
Vittima sacrificale o paziente? Dopo aver esaminato il cranio della donna, gli studiosi dell'Università Sapienza di Roma hanno pubblicato, insieme all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, al McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge, alle università di Aix-Marseille e di Caen in Francia e all'Università di Washington (Usa), un approfondito studio sullo stato di salute della donna sull'International Journal of Osteoarcheology, anche se il motivo dei molteplici interventi chirurgici resta ancora un mistero.
«Non ci sono lesioni», afferma Giorgio Manzi, professore al dipartimento di Biologia ambientale dell'Università Sapienza di Roma, «che possano far pensare alla presenza di traumi, tumori, malattie congenite o altre patologie». Inoltre gli studiosi hanno escluso anche che possa essersi trattato di cerimoniali rituali di natura magica o religiosa.
sotto i ferri. Ma perché questa donna avrebbe dovuto sottoporsi a ben non due interventi chirurgici così invasivi? Probabilmente soffriva di una sorta di condizione sistemica (una malattia che colpisce più apparati o organi). I suoi denti mostravano segni di malattia parodontale, con ascessi acuti e grave usura dei molari associata alla perdita dei denti.
Le scansioni eseguite con la tomografia computerizzata hanno rivelato potenziali segni di iperostosi frontale interna, un ispessimento del lato interno dell'osso frontale del cranio. Una condizione frequente nelle donne in menopausa, condizione compatibile con l'età ipotizzata del cranio.
Grazie alla buona conservazione di un dente, a cui è stato applicato un nuovo metodo di indagini biochimiche ad alta risoluzione, è stato possibile ricostruire anche le variazioni della dieta e della mobilità della donna, fin dalla prima infanzia. «Questo ha permesso di scoprire», conclude la principale autrice dello studio Ileana Micarelli dell'Università di Cambridge, «che la donna era sopravvissuta a diversi interventi, essendo stata sottoposta a una terapia chirurgica a lungo termine, che consisteva in una serie di trapanazioni successive, anche se restano ancora dubbi sull'effettiva natura della sua malattia».