Un sistema capace di rilevare immediatamente una scossa sismica e di lanciare un avviso alla popolazione, "regalando" una manciata di secondi che può risultare provvidenziale per mettersi al sicuro. È l'ambizioso progetto annunciato di recente da Google e che, per la verità, sta già facendo discutere la comunità scientifica sulla sua efficacia.
Vale la pena ricordare che alcuni sistemi che "captano" i terremoti, e nel caso lanciano l'allerta, esistono già: il più famoso è ShakeAlert (ne parlammo qui), attivo negli stati americani di California, Oregon e, a breve, Washington, che si basa sui dati raccolti da una rete di sismografi distribuiti sul territorio.
La velocità? Dipende. In estrema sintesi: il sistema registra le prime onde che si sviluppano durante questi eventi, e prima ancora che possano arrivare a una certa distanza (tenete conto che queste onde viaggiano a velocità tra i 3 e i 10 km al secondo), diffonde un allarme nella popolazione (attraverso sirene, pannelli a messaggio variabile, messaggi nei cellulari...) che viene dunque informata con una manciata di secondi di anticipo rispetto all'arrivo dell'onda sismica.
Quanti secondi? Dipende dalla distanza dall'ipocentro, dalla natura del terreno, dal tipo di onde che si propagano…). Il risultato è che, in molti casi, la popolazione ha una maggiore possibilità di mettersi al sicuro e di attuare comportamenti di autoprotezione. Anche in Giappone esiste un sistema analogo.
Il problema? ShakeAlert ha richiesto 15 anni per essere creato, la sua progettazione e messa in opera sono costate circa 60 milioni di dollari e per farlo funzionare si stima che si spendano oltre 30 milioni di dollari all'anno. Costi richiesti principalmente per creare le stazioni di monitoraggio. Con queste caratteristiche, è difficile pensare che questi sistemi possano fare da modello altrove.
L'idea della grande G. Ma è qui che scende in campo Google. L'idea del colosso del web è quella di sostituire la rete di sismografi tradizionali (costosa e difficile da creare) con una rete basata su smartphone, sfruttando la capacità di questi ultimi di rilevare i movimenti attraverso gli accelerometri. Tali sensori di movimento possono essere programmati per agire come sismometri rudimentali, rilevando il tremolio del suolo causato dalle onde di tipo ondulatorio prodotte dai terremoti. In altre parole, l'idea di Google consiste nel dare vita ad un sistema di rilevamento di terremoti basato sugli oltre 2 miliardi di telefoni Android attivi: una rete dunque già posizionata e attiva sul territorio.
Una volta "registrata" la scossa, il sistema dirama l'allerta in modo analogo a quanto accade con i sistemi automatici già attivi al momento.
I telefoni Android rilevano in via sperimentale già da un anno i terremoti, ma finora i risultati sono stati disponibili solo per i ricercatori. Quando un telefono rileva un segnale di un terremoto, invia un messaggio, insieme a una posizione approssimativa, a un server centrale. Il tutto viene elaborato e tradotto (eventualmente) in un allerta. All'inizio i falsi allarmi erano tanti, ma nel giro di poco tempo la procedura è stata affinata. Mentre in un sistema di allarme tradizionale è sufficiente che appena quattro stazioni segnalino un sisma, nel caso di Google ci devono essere più di 100 telefoni a rilevarlo.
Già attivo (in fase test). Con questo sistema, finora, i telefoni Android hanno rilevato più di 1.000 terremoti in tutto il mondo. «Gli avvisi hanno funzionato bene in termini di velocità e precisione, al punto da essere paragonati a quelli di ShakeAlert o del sistema di allarme giapponese», afferma Richard Allen, sismologo dell'Università della California, Berkley. «I telefoni hanno anche rilevato un terremoto di magnitudo 7 che ha avuto origine appena a nord di Samos, un'isola greca vicino alla Turchia, alla fine di ottobre 2020. Se fosse stato possibile attivare l'allarme, avremmo allertato numerose persone in Grecia».
La grande G ha annunciato che i primi a poter beneficiare (se lo vorranno) di questa tecnologia saranno gli utenti che vivono in Nuova Zelanda e Grecia, Paesi dove i terremoti sono una minaccia ben nota, ma ancora spovvisti di sistemi automatici di rilevamento e allerta.
Il parere degli esperti. Cosa ne pensano gli addetti ai lavori, gli esperti di terremoti? Da un lato c'è chi accoglie la notizia con favore, come Men-Andrin Meier, sismologo che studia i sistemi di allarme per i terremoti all'ETH di Zurigo, convinto che costruire un sistema di rilevamento basato sugli accelerometri degli smartphone potrebbe avere un enorme potenziale a livello globale. Dall'altro, ci sono reazioni un po' più fredde.
Secondo alcuni ricercatori infatti, il sistema basato su Android dovrebbe essere ulteriormente affinato, prima di essere divulgato: in particolare andrebbe migliorata la sua capacità di rilevare terremoti che si verificano in regioni scarsamente popolate (ovvero, dove si trovano pochi smartphone).
Da migliorare. Senza contare che in certi luoghi del Pianeta, come la Nuova Zelanda, «molti terremoti si originano in mare, dove si trovano pochi telefoni», osserva Caroline Francois-Holden, una sismologa che fino a poco tempo fa lavorava presso GNS Science, il principale istituto geologico neozelandese.
«Questo rende il sistema tutt'altro che ideale per avvertire la popolazione dell'arrivo di uno tsunami letale. E fino a quando le prestazioni del sistema non saranno chiare, Google dovrebbe forse diffidare dal promettere troppo».
Sarà anche vero, ma se il sistema funzionasse anche solo per terremoti che si verificano in aree abitate (si pensi all'Italia) dando modo di mettere in salvo un gran numero di persone, forse sarebbe ugualmente un successo.