Le scosse di assestamento sono frequenti, dopo un forte terremoto, ma in genere si mantengono vicine all'epicentro del sisma principale (cioè il punto sulla superficie interessato dai danni maggiori). Ora per la prima volta, uno studio statunitense ha trovato evidenze scientifiche di un diverso "effetto-contagio", che opera su distanze planetarie. Dopo un intenso terremoto, ci sono buone probabilità che se ne verifichi un altro nei tre giorni successivi - ma dalla parte diametralmente opposta della Terra. La ricerca è stata pubblicata su Nature Scientific Reports.
Sconvolgimento totale. Durante e poco dopo un terremoto, l'energia liberata "scuote" la crosta terrestre circostante, ma viaggia anche a profondità maggiori, attraverso il mantello: i geologi lo sanno da tempo e sfruttano le onde sismiche per studiare la composizione interna del nostro pianeta. Per esempio il terremoto al largo di Sumatra del dicembre 2004, un evento di magnitudo superiore a 9 della Scala Mercalli, fece sollevare momentaneamente la crosta terrestre in tutto il pianeta di 1 cm. Non abbastanza, per accorgersene senza strumenti, ma sufficiente, forse, a sollecitare margini tra placche tettoniche già sul punto di liberare energia sismica.
Dagli Appennini alle Ande. Finora non era stato possibile trovare prove di "contagi" distanti tra terremoti. Così gli scienziati dell'Oregon State University hanno provato ad allargare la finestra di osservazione ai tre giorni successivi a un forte sisma. Si è visto così che nelle 72 ore che seguono un terremoto di magnitudo 6.0 della Scala Richter o più, c'è una più alta probabilità che si verifichino forti scosse nel resto del mondo - e questo, escludendo dai calcoli le scosse di assestamento nell'area del terremoto principale.
All'altro capo del pianeta. Più intensa è la scossa iniziale, più alte sono le probabilità di un sisma di "richiamo", che in genere si verifica nell'arco di 30 gradi dal punto esattamente agli antipodi del primo terremoto, dalla parte opposta del pianeta. Il tutto avviene dopo un "salto" di 24 ore, un dato che potrebbe spiegare perché gli studi precedenti non avevano trovato alcuna correlazione.
La ricerca non spiega come abbia origine questo effetto a catena: occorrerà indagare in modo più approfondito, per capire se questi meccanismi di richiamo possano essere sfruttati per migliorare le previsioni a breve termine di un sisma ed affinare la valutazione del rischio.