Ci sono 6 o forse 7 uragani che "viaggiano" lungo i tropici del nostro pianeta, in questo momento: almeno tre nel nord Atlantico - e tra questi Florence, ormai a ridosso della costa orientale degli Stati Uniti - e un paio nel Pacifico tropicale - e tra questi il super tifone Mangkhut, con venti che soffiano a oltre 270 chilometri l'ora.
Il rapido aumento di attività in atmosfera, in particolare sull'Atlantico, è dovuto all'improvviso "allineamento" dei due fattori scatenanti che, combinati, danno origine e alimentano gli uragani: i venti e l'energia necessaria per il loro sviluppo.
Che cosa è successo. Se i venti nell'alta atmosfera sono eccessivamente violenti possono distruggere una tempesta che sta nascendo. Sembra un paradosso, ma è proprio così: per originare un uragano sono necessari venti calmi in alta quota, situazione che fino a due settimane fa non sussisteva. In questi ultimi quindici giorni, invece, l'intensità dei venti in quota ha raggiunto il minimo stagionale e questo dà modo a tempeste e uragani nascenti di prendere forma. L'altro elemento fondamentale per produrre uragani è l'instabilità atmosferica, che fino a poche settimane fa era al di sotto della media: improvvisamente però è aumentata, a partire appunto da una quindicina di giorni fa.
Nell'Oceano Atlantico. Così si spiega Florence, in rapido mutamento ma classificato - al momento in cui scriviamo - di categoria fra 3 e 4 (su una scala di cinque), in rotta di collisione con le coste di Virginia e Carolina del Nord e del Sud. Florence è seguito a distanza da Helene, attualmente classificato di categoria 1, che si trova a ovest di Capo Verde (al largo della costa nord-occidentale dell'Africa) con venti che soffiano a 145 chilometri l'ora.
Le previsioni sono che Helene possa diventare molto violento, ma anche che dovrebbe restare in aperto oceano. È però possibile che i venti in quota raccolgano l'umidità dell'uragano e portino su alcune regioni dell'Europa violente piogge, verso la metà della prossima settimana.
Isaac è il terzo uragano che si può osservare sull'Atlantico: colpirà le Piccole Antille (Caraibi) con venti attorno ai 100 chilometri all'ora. In più, sembra che una perturbazione ancora senza nome, che si trova adesso al largo della Penisola dello Yucatan (Messico), potrebbe presto trasformarsi in una tempesta, se non in un uragano. E vi sono condizioni identiche (Joyce) anche ad alcune centinaia di chilometri a sud-ovest delle Azzorre (nel cuore dell'Atlantico), che in questo momento sono tenute sotto controllo dal National Hurricane Center della NOAA (vedi immagine qui sotto). Se anche questi dovessero trasformarsi in uragani ne avremo cinque in contemporanea nella regione dell'Atlantico: una situazione che, a memoria d'uomo, è accaduta in passato solamente una volta, tra il 10 e il 12 settembre 1971.
Nell'Oceano Pacifico. Dall'altra parte del mondo avanza Mangkhut, il Super Typhoon di categoria 5, verso le Filippine, dove arriverà venerdì 14 settembre. È seguito da un'altra tempesta, in agguato al largo delle coste della Cina, Barijat, che dovrebbe passare a sud di Hong Kong. Mentre le Hawaii devono vedersela con la tempesta tropicale Olivia, appena due settimane dopo le piogge record per la regione, con 132 centimetri di pioggia portate dall'uragano Lane.
La scala ACE, da Accumulated Cyclone Energy, misura l'insieme delle energie prodotte in un certo momento dalle tempeste e dagli uragani presenti in una determinata area. Per quanto riguarda l'emisfero settentrionale l'anno in corso si trova con un valore ACE del 159% superiore alla media, ma lungo l'Oceano Pacifico orientale il valore è del 245% sopra la media - mentre nel Pacifico occidentale il valore è del 124% superiore alla media.
C'entrano i mutamenti climatici? Che cosa significa tutto questo in termini di evoluzione climatica? La risposta non è assolutamente chiara. Stando alle statistiche, infatti, il numero complessivo di uragani non è cambiato negli anni rispetto al passato, mentre secondo diverse ricerche quello che è variato, e potrebbe ulteriormente variare nei prossimi anni, è l'intensità degli uragani stessi.