La nostre tecnologie ci permettono di esplorare e conoscere, non senza difficoltà, quel che c'è sotto alla pelle della Terra fino a un massimo di una dozzina di chilometri di profondità: in pratica, non arriviamo neppure alla metà della crosta continentale. Tutto quello che sappiamo della struttura e di ciò che accade più sotto è per "conoscenza indiretta", grazie agli studi sulla propagazione delle onde sismiche, che hanno permesso ai geologi di definire modelli sempre più attendibili della composizione dei vari strati del nostro pianeta, fino al nucleo.
Il mantello della Terra, ossia lo strato al di sotto della crosta, è composto in particolar modo da un minerale chiamato perovskite: è un silicato di calcio, cioè un composto di calcio, silicio e ossigeno (CaSiO3). Questo minerale, che si forma fuori dalla nostra portata, a molti chilometri di profondità, non è mai stato studiato direttamente: si compatta infatti a pressioni e temperature molto elevate, e quando nel corso delle ere geologiche o per eventi straordinari risale verso la superficie (che in questo caso vuol dire "a meno di 650 chilometri di profondità") diventa instabile e si trasforma in qualcos'altro.


Un diamante per cassaforte. Ora però i geologi hanno tra le mani proprio un piccolo frammento di perovskite arrivato dalle profondità del pianeta, conservato e trasportato fino a noi all'interno di un piccolo diamante. La pietra preziosa è stata estratta a un chilometro di profondità nella miniera di Cullinan, in Sudafrica.
«Non era mai successo di avere perovskite stabile addirittura in superficie: per fortuna ci ha pensato la natura», commenta Graham Pearson (università di Alberta, Canada), che insieme a un team internazionale di ricercatori (tra i quali scienziati delle università di Padova, Milano e Pavia), ha studiato il minerale e pubblicato i primi risultati su Nature. «L'importanza di avere tra le mani questo minerale sta nel fatto che in base ai modelli della struttura della Terra, le perovskiti potrebbero costituire fino al 93 per cento del mantello inferiore del pianeta, ma non se ne avevano prove certe.»


Anche il diamante che contiene la perovskite è considerato particolarmente interessante: la maggior parte dei diamanti che arrivano in superficie si formano tra i 150 e i 200 chilometri di profondità, mentre quello che ha incorporato la perovskite si sarebbe formato a circa 700 chilometri di profondità. A quel livello la pressione è 240.000 volte quella della pressione atmosferica a livello del mare: il dimante si è formato in quelle condizioni e, nell'accrescimento, ha inglobato la perovskite e l'ha protetta e conservata per milioni di anni, consegnandola infine alla scienza.