Non solo astrofisica e scienze cosmiche: sulla Stazione spaziale talvolta si gettano anche le basi per future cure mediche. L’ultimo cargo arrivato sulla Stazione Spaziale ha infatti consegnato all’equipaggio il BioFarbrication Facility, un esperimento sulle biotecnologie che vuole verificare i vantaggi della microgravità nella stampa 3D di tessuti viventi.
Cuore da stampare. Gli astronauti avranno a disposizione una particolare stampante 3D che al posto della plastica è in grado di stampare uno speciale tessuto biologico utilizzabile come cerotto per sigillare una parete cardiaca danneggiata.
L’esperimento non è una novità assoluta: i ricercatori stanno lavorando da diversi anni alla messa a punto di macchine in grado di stampare tessuti umani o addirittura interi organi.
Tra le difficoltà che incontrano c’è però quella di dover utilizzare complicati telai in grado di mantenere la forma dell’organo durante la stampa.


Tagli pericolosi. Una volta completato il processo infatti, una delle operazioni più complesse è il distacco dell’organo dal telaio: la percentuale di rotture è elevatissima ed è una delle cause che rende questa tecnologia ad oggi inaffidabile.
Obiettivo dei ricercatori è quello di usare la microgravità della ISS come alleata in questo processo: la quasi totale “assenza di peso” dovrebbe permettere infatti la stampa dei tessuti senza ricorrere al supporto dei telai.
L’esperimento sarà preparato dagli astronauti a bordo della Stazione Spaziale, ma sarà controllato da Terra: i tessuti saranno stampati all’interno di speciali bio-reattori dove potranno continuare a crescere sotto il controllo degli scienziati.
La costruzione dei tessuti 3D richiederà diversi mesi, al termine dei quali i campioni verranno nuovamente mandati sulla Terra.
In prospettiva questa tecnologia potrebbe avere implicazioni importantissime: in futuro, per esempio, potrebbe permettere di compensare la cronica carenza di organi per trapianti e di stamparli a partire dalle cellule staminali dei pazienti stessi.