Una bicicletta a terra in una landa ghiacciata con i coprimanopole pieni di neve. È l'ultima immagina condivisa dal ciclista estremo Omar Di Felice prima di sospendere la sua impresa di attraversare l'Antartide, in bicicletta e in pieno inverno. «Dopo 8 giorni sono dovuto rientrare per gravi problemi personali, ma il progetto rimane vivo e il prossimo anno ci riproverò», ci ha confessato.
SEMPRE IN CLIMI ESTREMI. Omar Di Felice, campione italiano di ultraciclismo, non è nuovo a imprese estreme: all'inizio del 2022 ha fatto il giro del mondo rimanendo sempre sopra la linea dell'Artico (4.200 km in due mesi, di cui 45 giorni in sella). Nel 2021 ha raggiunto il campo base dell'Everest a 5.364 metri di quota, attraversando tutta la catena himalayana: è stato il primo ciclista al mondo a riuscire nella scalata in pieno inverno.
Nel 2019 ha attraversato l'Alaska in bicicletta (e ci eravamo scambiati con lui anche dei messaggi) e l'annno precedente, aveva compiuto la traversata l'Artico canadese in inverno, pedalando per 1.300 km sulla Arctic Highway, dopo aver raggiunto Capo Nord e aver attraversato per intero l'Islanda.
A fine 2022 ha messo nel mirino l'Antartide con un'impresa che prevedeva di attraversarlo in bicicletta (ovvero 2.000 km in un paio di mesi, da Hercules Inlet, passando per il Polo Sud e arrivando alla base del Leverett Glacier): Omar, prima di fermarsi, di km ne ha percorsi 40, trainando una slitta di circa 80 chili. Ma come si costruisce una simile impresa? Ecco quello che ci ha raccontato.
Che cos'ha di diverso l'Antartide dagli altri ambienti estremi con cui ti sei misurato?
L'Antartide è il luogo più inaccessibile e remoto del Pianeta (in caso di emergenza, è quasi più facile evacuare dalla ISS, ndr): si tratta di un ghiacciaio continentale con un diametro medio di 4.000 km su cui non c'è nulla, appnea qualche base scientifica e il campo base di un'agenzia che organizza le spedizioni. Poche persone, pochissime forme di vita, zero possibilità di avere supporto dall'esterno. Il tutto con le condizioni meteo più estreme del Pianeta: venti catabatici che costringono a rimanere per giorni interi chiusi in tenda. Tutto questo ne fa il luogo più difficile da attraversare.
Che temperature hai trovato al tuo arrivo in Antartide?
Alla partenza le temperature erano attorno ai -15 e i -20 gradi, in linea con quello a cui sono abituato. La vera difficoltà era rappresentata proprio dai venti catabatici, con bufere che imperversano per giorni azzerando la visibilità.
La situazione si sarebbe complicata avvicinandosi al plateau, vicino al Polo Sud, a circa 3.000 metri di altitudine: lì al freddo estremo si aggiunge la rarefazione dell'aria.
Qual è stato il tuo primo impatto con queste condizioni?
Nonostante io viva abitualmente in Italia, la mente mantiene una sorta di memoria di quello che ha affrontato durante le avventure precedenti. C'è comunque bisogno di una fase di adattamento al freddo estremo e i primi giorni sono i più difficili. Quello che bisogna fare è cercare di regolare la temperatura del corpo con lo sforzo fisico: pedalare, spingere la bici, camminare aiutano nel processo di termoregolazione.
Qual è stata la parte del corpo che ha fatto più fatica ad adattarsi: muscoli, metabolismo, cervello?
Sicuramente tutto dipende dalla testa. È quella che ha più bisogno di adattamento ed è quella che determina il successo dell'impresa. Il nostro cervello è un grande centro di controllo: tutte le percezioni fisiche (il freddo alle mani, i piedi congelati, le raffiche di vento in faccia, i muscoli che si bloccano) mandano i segnali "di allarme" al cervello: è poi il cervello a decidere se ce la fa a continuare. Insomma, per me la mente conta per il 70 per cento. Il resto lo fanno l'esperienza, l'allenamento, l'attrezzatura e l'abbigliamento tecnico.
Come ci si allena a essere così concentrati?
Non si può riprodurre l'Antartide in Italia né in un altri posti del mondo. Quando si iniziano queste avventure si mettono in atto, passo dopo passo, una serie di meccanismi psicologici e personali per superare le difficoltà. Nel corso degli anni si fa un allenamento costante anche attraverso condizioni di solitudine.
Che cosa provi mentre pedali contro un muro di vento?
Stacco i pensieri legati al traguardo. Ripeto: bisogna rimanere concentrati, passo dopo passo, sugli obiettivi giornalieri anche piccolissimi, senza farsi distrarre dall'obiettivo finale.
Gli sport estremi non sono solo azione però. Che cosa fai quando il meteo ti blocca nella tenda?
Avevo messo in conto che sarebbe accaduto, e che avrei dovuto ripararmi in tenda anche per più di una settimana (tenda dove la temperatura è simile a quella esterna). Ho letto tanto: avevo con me il mio ebook reader e un po' di cose da studiare dato che quest'anno mi sono iscritto alla Facoltà di Scienze Ambientali. Al massimo potevo uscire per spalare la neve attorno alla tenda evitando che venisse sommersa.
L'ingrediente fondamentale? Molto autocontrollo e pace interiore.