Nell'emisfero boreale (il nostro) solstizio d'inverno inaugura l'inverno astronomico: guida alla notte più lunga dell'anno e al significato che ha assunto nella Storia.

Mercoledì 21 dicembre, ore 22:47: nel giorno della Grande congiunzione tra Giove e Saturno, la Terra si presenterà puntuale a un appuntamento astronomico ricco di significato, quello con il solstizio d'inverno. Chi vive nell'emisfero settentrionale, in questa giornata sperimenterà il dì più breve e la notte più lunga dell'anno.

Il solstizio segna il momento in cui il Sole si trova direttamente sopra al Tropico del Capricorno a una latitudine di 23,5 gradi sud, ovvero alla sua massima distanza al di sotto dell'equatore celeste: l'arco diurno descritto dal Sole nel suo percorso apparente da sud-est a sud-ovest è il più corto, ed ecco perché sperimentiamo meno ore di luce. Nel giorno del solstizio d'inverno, il Sole sorge nel punto più meridionale dell'orizzonte est e culmina a mezzogiorno alla minima altezza: nel nostro emisfero, questo giorno corrisponde al minimo dell'irradiamento solare.

anno siderale, stagioni astronomiche
Lo schema semplificato dei riferimenti astronomici che regolano l'alternanza delle stagioni. © Horst Frank, via WikiMedia

Una breve apparizione. In Italia ci saranno meno di 9 ore di luce (8 ore e 46 a Milano, qualche minuto in più a Roma, il minutaggio esatto varia a seconda della latitudine). Alle latitudini più settentrionali del Pianeta il Sole non fa quasi in tempo a sorgere che è già avviato al tramonto. Il time-lapse che vedete qui sotto mostra il cammino apparente del Sole durante il solstizio invernale a Stoccolma, in Svezia (poco più di 7 gradi sotto il Circolo Polare Artico).

Tutto questo si deve all'inclinazione dell'asse terrestre di 23 gradi e 27 primi sul piano dell'eclittica, cioè rispetto al piano sul quale orbita il pianeta. Per metà dell'anno è il Polo Nord a essere orientato in direzione del Sole, per l'altra metà il Polo Sud, e questo è il motivo per cui abbiamo le stagioni. Nell'animazione qui sotto, potete vedere il terminatore, parola che identifica il confine tra giorno e notte, oscillare e cambiare inclinazione nel corso dell'anno.

Nell'animazione in time-lapse si vede come la linea che separa il giorno e la notte oscilli tra un polo e l'altro nel corso dell'anno. © NASA/METEOSAT/ROBERT SIMMONS

Questione di inclinazione, non di distanza. Non è vero che fa freddo perché ci troviamo nel punto orbitale più lontano dal Sole. In questo periodo, per noi (parecchio) freddo, paradossalmente il Sole è più vicino alla Terra, a causa della ellitticità dell'orbita terrestre. Il solstizio è il momento in cui il Sole raggiunge il punto di declinazione massima (a giugno) o minima (a dicembre), nel suo moto lungo l'eclittica, vale a dire il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto alla sfera celeste (ovvero il cielo visto dalla nostra posizione, cioè la Terra).

È un moto "apparente" perché - come ormai sappiamo - è la Terra a girare attorno al Sole che invece è fermo. Tuttavia, dal momento che anche noi osservatori ci muoviamo con la Terra, abbiamo l'impressione che a spostarsi nel cielo sia il Sole e non viceversa. Il giorno del solstizio d'inverno è il momento in cui il Polo Nord è il più distante possibile dal Sole (in relazione al suo asse, non in assoluto), ed è per questo che la stagione è fredda.

A determinare le basse temperature invernali è l'inclinazione dei raggi solari, che a causa della posizione dell'asse terrestre ci arrivano più obliqui e radenti rispetto a quanto avviene in estate nel nostro emisfero: semplificando, lo stesso raggio solare che d'estate arriva meno inclinato, d'inverno deve riscaldare una maggiore superficie di suolo.

Le rigide temperature non dipendono dalla distanza dal Sole, anzi: la Terra si sta avviando, in questo periodo dell'anno, al perielio, ossia il punto più vicino alla nostra stella (ci arriveremo a gennaio). Ma questo avvicinamento determina soltanto una piccola variazione, circa il 3%, nella quantità di calore tra estate e inverno.

winter is coming. In ogni caso, quello del solstizio d'inverno non è il giorno più freddo dell'anno, e una delle principali ragioni è la capacità degli oceani terrestri di assorbire parte dell'energia solare e rilasciarla in modo graduale nel tempo. Per questo motivo c'è un "ritardo stagionale" tra il momento in cui il Sole ci irraggia di meno e quello in cui, effettivamente, si percepisce più freddo: nel nostro emisfero, le temperature atmosferiche si trovano al minimo tra gennaio e febbraio. Lo stesso accade in estate: anche se il solstizio d'estate è a giugno, i mesi più caldi sono in genere luglio e agosto.

stagioni meteorologiche e stagioni astronomiche
Gli elementi che contraddistinguono il quadro stagionale hanno il vizio di non rispettare le date astronomiche, ma di correre o rallentare in funzione di una gran quantità di altri fattori. Per semplificare, i meteorologi fanno iniziare le loro stagioni il primo giorno del mese in cui cade l'inizio di una stagione astronomica.

Ma non era... il 21 dicembre? La data del solstizio d'inverno può cadere, in certi anni, il 22 dicembre, per via della differenza tra l'anno tropico (o solare) su cui si basa il calendario gregoriano che usiamo, e l'anno siderale (il periodo orbitale della Terra) che è di 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi. Il nostro calendario, per semplificare, arrotonda a 365 giorni, ma così lascia fuori, ogni anno, un po' più di sei ore: un ritardo che si accumula facendo oscillare date e orari dei solstizi ed equinozi e che si recupera, ogni 4 anni, con l'aggiunta di un giorno a febbraio (anno bisestile).

Festa d'inverno. Il termine solstitium (dal latino sol, sole, e sistere, stare fermo) indica una apparente "fermata" del Sole nel cammino che esso sembra compiere nella volta celeste. Nei giorni intorno al solstizio d'inverno infatti, la nostra stella sembra smettere di calare rispetto all'equatore celeste e "fare una pausa" in cielo, per poi invertire il suo cammino e iniziare il moto di avvicinamento all'equatore celeste. Sembra insomma tramontare e poi risorgere dalla stessa posizione: come se precipitasse nell'oscurità per poi tornare a mostrarsi vitale e invincibile già a partire dai giorni successivi. Ecco perché gli antichi romani celebravano, nei giorni attorno al solstizio invernale, la festa del "Sol invictus", una celebrazione della rinascita che secondo alcuni è l'origine pagana del Natale.

Natale pagano. Nell'antica Roma, nei giorni a cavallo del solstizio invernale (17-23 dicembre) era usanza scambiarsi regali economici come dadi, candele di cera colorata, abiti, libri, una moneta, piccoli animali domestici. Si celebrava così la festa dei Saturnali, dedicata al dio dell'agricoltura, Saturno. Se si escludono lo scambio di doni e i banchetti, le somiglianze con il Natale cristiano però finivano qui: la ricorrenza prevedeva infatti anche un'inversione di ruoli tra schiavi e padroni, a rappresentare l'antico stato di uguaglianza tra gli uomini, oltre a orge e al gioco dei dadi, ufficialmente proibito.

L'inizio dell'inverno astronomico ma anche di una marcia verso giornate più lunghe: il doppio significato del solstizio d'inverno. © Shutterstock

L'anticamera della bella stagione. Se per noi il solstizio d'inverno è la giornata che inaugura l'inverno astronomico, anticamente, quando l'inverno era sostanzialmente "fame ed elevata mortalità", questa celebrazione segnava la fine del buio e un graduale ritorno alla luce. Nella tradizione germanica e celtica, il solstizio d'inverno coincideva con la festa di Yule: si accendeva il fuoco, si macellavano gli animali e si banchettava sulle ultime riserve di carne disponibili (evitando così, con la stessa mossa, di dover sfamare gli animali nei duri mesi successivi). L'albero sempreverde che a Natale adorna le nostre case affonderebbe le sue radici proprio in queste tradizioni: è simbolo di rinascita, di rinnovamento della vita.

Un significato analogo dovevano avere le celebrazioni nel sito neolitico di Stonehenge, ancora oggi preso d'assalto in occasione del solstizio d'inverno. In questa occasione si macellavano gli animali e la fermentazione del vino e della birra aveva raggiunto il suo apice. Si pensa che Stonehenge sia stato accuratamente allineato su una linea visuale studiata per godere appieno del tramonto nel giorno del solstizio d'inverno.

Il solstizio, altrove. Anche gli altri pianeti del Sistema Solare hanno l'asse di rotazione inclinato rispetto al piano dell'orbita, e quindi hanno un'alternanza di stagioni, solstizi ed equinozi.

La frequenza di questi eventi e i cambiamenti stagionali dipendono dall'inclinazione dell'asse, che varia di molto nella nostra famiglia celeste: per esempio, l'asse di rotazione di Venere ha un'inclinazione molto piccola, appena 3° (come Giove), contro i 23,5° del nostro pianeta. Su Venere e su Giove, quindi, i cambiamenti stagionali sono di piccola portata.

Su Saturno, che completa una rivoluzione ogni 29,5 anni terrestri, le stagioni durano 7 anni: la sonda Cassini è riuscita a fotografare la differenza di colori tra giugno 2013 e aprile 2017, mentre l'emisfero nord del pianeta degli anelli si dirigeva verso il solstizio d'estate. Su Nettuno i solstizi si fanno attendere: ogni stagione dura 40 dei nostri anni.

21 dicembre 2020 Elisabetta Intini
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