Sembra uscito direttamente da Matrix ma esiste davvero: un dispositivo in grado di capire che cosa stiamo sognando, con una discreta approssimazione, è stato messo a punto dai ricercatori dell'Università di Kyoto, in Giappone. Basato su una macchina per la risonanza magnetica funzionale (fMRI), un algoritmo e migliaia di immagini prese dal web, il modello sperimentale è riuscito a imparare abbastanza sui pattern di attivazione cerebrale di tre soggetti dormienti da indovinare, nel 60% dei casi, i contenuti dei loro sogni.
Lo studio pubblicato su Science, si basa su una cognizione nota da tempo: il nostro cervello segue pattern di attivazione prevedibili quando reagisce ai diversi stimoli visivi. Un algoritmo in grado di memorizzare questi schemi può imparare ad associare ogni modelllo di attivazione a una diversa classe di immagini.
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I tre partecipanti coinvolti nella ricerca hanno dormito a turno in una macchina per la risonanza magnetica funzionale per blocchi di 3 ore nell'arco di 10 giorni. Un elettroencefalogramma (EEG) monitorava, nel frattempo, i livelli di attività cerebrale dei soggetti, rivelando ai ricercatori in quale fase del sonno si trovassero. I sogni più lunghi e complessi avvengono di solito durante la fase REM, un momento del sonno che inizia diverse ore dopo l'addormentamento. Ma già durante la fase 1 del sonno non-REM, che prende avvio già pochi minuti dopo aver chiuso gli occhi, siamo soggetti a veloci e sporadiche allucinazioni.
Proprio queste allucinazioni sono finite nel mirino dei ricercatori: ogni soggetto si è addormentato mentre l'fMRI misurava i flussi di sangue nel suo cervello; appena l'EEG ha confermato che il volontario si trovava nella fase 1 non-REM, i ricercatori l'hanno svegliato e hanno chiesto di raccontare cosa stesse sognando. Questa operazione è stata ripetuta circa 200 volte per ogni persona.
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A questo punto gli scienziati hanno preso nota delle 20 più comuni classi di oggetti sognate da ciascuno (per esempio: "lettere", "edifici", "persone") e hanno cercato online immagini che si avvicinassero il più possibile a quelle descritte dai "sognatori". Hanno quindi mostrato le foto ai soggetti sottoposti a fMRI, ma questa volta svegli, confrontando i pattern di attivazione cerebrale registrati con quelli emersi mentre il soggetto stava sognando. Questa operazione ha consentito di isolare i modelli di attivazione relativi a una specifica classe di oggetti (per esempio, "edifici") indipendentemente dal fatto che il volontario la stesse guardando o sognando.
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Tutti questi dati sono stati inseriti in un software per l'analisi dei dati che, quando i soggetti dormienti sono tornati sotto l'fMRI, è stato in grado di elaborare video come questo, e prevedere che cosa il volontario stesse sognando (le parole che si ingrandiscono di volta in volta nel quadro sottostante) in base al pattern di attivazione cerebrale registrato. L'algoritmo ha indovinato nel 60% dei casi. In particolare, si è dimostrato più abile nel distinguere il tipo di sogno (per esempio, una scena o una persona?) piuttosto che l'oggetto specifico del sogno (una casa o una via?). La ricerca potrebbe gettare le basi per un'analisi scientifica di sogni più profondi, come quelli che prendono corpo durante la fase REM.