Il ritrovamento del cadavere di un bimbo affetto dalla Sindrome di Down nella necropoli di Chalon sur Saône, datata tra il quinto e il sesto secolo dopo Cristo, nel nord est della Francia, fissa una nuova data sulla esistenza comprovata di questa disfunzione genetica e (forse) su come fosse vissuta dai nostri antenati.
Conferme. La scoperta ha portato alla luce il più antico ritrovamento archeologico che conferma l'esistenza di tale sindrome fin dal principio del medioevo e, cosa forse più importante, secondo alcuni studiosi la postura in cui è stato sepolto il cadavere indica che all'epoca in Francia la malattia non veniva stigmatizzata in alcun modo.
Caratteristiche tipiche. Gli scavi effettuati nella necropoli medievale transalpino hanno permesso agli archeologi di esumare gli scheletri di 94 persone, tra i quali quello di un bambino con un teschio piccolo e largo e con le ossa della base del cranio sottili. Caratteristiche comuni ai soggetti affetti dalla Sindrome di Down, come ha confermato il professor Maité Rivollat dell'Università di Bordeaux.
Conclusioni. La posizione in cui fu seppellito, supino e con la testa rivolta nella stessa direzione degli altri corpi ritrovati nella necropoli, indurrebbero a pensare che il bambino soggetto alla sindrome sia stato trattato allo stesso modo degli altri corpi. Da qui l'idea che, anche in vita, venisse trattato senza alcuna discriminazione da parte della comunità di cui faceva parte.
C'è anche chi la pensa diversamente. Secondo John Starbuck dell'Indiana University di Indianapolis, infatti, è un po' azzardato giungere a conclusioni di questo tipo semplicemente analizzando i resti delle ossa e gli altri ritrovamenti relativi alla sepoltura.