Mai sottovalutare uno stomaco che brontola: gli animali - esseri umani inclusi - sanno prendere decisioni sorprendentemente accurate, quando sono spinti dalla fame. Lo suggerisce uno studio dell'Università di Exeter (Inghilterra) secondo il quale la sopravvivenza in situazioni difficili e ricche di minacce non richiede, necessariamente, un grande lavoro di cervello: imparare ad ascoltare la propria fame, in certe situazioni, paga altrettanto efficacemente.
Un gruppo di etologi guidato da Andrew Higginson ha utilizzato modelli computerizzati per dimostrare che in condizioni di scarsità di cibo e abbondanza di predatori, gli animali (singoli individui) che basano le proprie decisioni soltanto sulle riserve energetiche rimaste nel corpo sopravvivono tanto quanto, o poco meno, di quelli che ricorrono a valutazioni più "ragionate" sul da farsi.
Lo stomaco ricorda. La fame agisce come una sorta di memoria del cibo disponibile in passato, e di come ce lo siamo procurato; rivela se abbiamo avuto successo e come dovremmo comportarci per garantirci di nuovo la sopravvivenza. Tutte queste informazioni sono processate in automatico, senza allocare risorse cognitive (molto dispendiose da un punto di vista energetico).
Un sistema più immediato. Questa forma di memoria di pancia avrebbe permesso a molti animali di sopravvivere senza sviluppare grandi quantità di tessuto cerebrale e spiegherebbe in parte perché quando siamo affamati ne risente anche l'umore: la "pancia" ci sta comunicando che non ci sono molte riserve di cibo a disposizione.
Fidarsi dell'istinto. La ricerca apre la strada al fatto che altri stati fisiologici, come alcune emozioni, possano conservare una sorta di memoria del passato. La paura, per esempio, genera uno stato di fisiologica allerta da cui è difficile riprendersi: poiché il pericolo potrebbe ripresentarsi, le emozioni mantengono il corpo teso in una condizione di attacco o fuga, per poter agire senza che sia necessario pensarci su.