Scienze

Scrivere in corsivo: è proprio indispensabile?

In alcuni paesi si pretende che i bambini lo imparino fin dall'asilo, in altri è stato abolito. Ecco che cosa dicono psicologia e neuroscienze a proposito del dibattito corsivo contro stampatello.

Croce e delizia, si potrebbe definirla: la scrittura in corsivo è uno dei primi impegnativi scogli da superare per gli alunni all’inizio della prima elementare. Ci sono insegnanti (e genitori) che la giudicano una tappa imprescindibile, e altri che ritengono sia in fondo una perdita di tempo. Alcuni insegnanti scelgono di rimandare alla fine dell’anno l’apprendimento del corsivo, concentrandosi all’inizio solo sullo stampatello, perché secondo loro molti bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia non hanno ancora acquisito la manualità fine necessaria per riuscire nel compito.

Paese che vai, scrittura che trovi. Il dibattito sull’utilità di far imparare i bambini a scrivere a mano in generale, in un mondo dominato da tastiere di computer e touchscreen, è recente. La Finlandia, per esempio, nota per essere costantemente ai primi posti nelle classifiche che valutano la qualità dei sistemi scolastici, ha eliminato a partire da quest’anno l’obbligo di imparare a scrivere con carta e penna. E da un paese all’altro il favore che incontra il corsivo è diverso. Se in Francia è onnipresente e si insegna fin dall’asilo, a scuola in Messico si impara solo lo stampatello. Da noi viene di solito introdotto in prima elementare, ma con tempi diversi a seconda di scuole e insegnanti, e vengono esentati i bambini con certificazioni di disgrafia o di altri disturbi dell’apprendimento. Negli Stati Uniti, infine, dove nel 2009 era stato eliminato l’obbligo del corsivo per l’insegnamento a scuola, alcuni stati stanno tornando indietro e l’hanno di nuovo introdotto.

Carta e penna. Sull’utilità della scrittura a mano per lo sviluppo cognitivo non ci sono in realtà molti dubbi. Ormai diversi studi nel campo delle neuroscienze e della psicologia suggeriscono che l’uso della scrittura manuale abbia un valore in sé, diverso e indipendente dalla scrittura alla tastiera. Ci sarebbe una stretta relazione tra la mano che traccia i segni sulla carta e il cervello: si attiverebbero circuiti nervosi unici che nei bambini favorirebbero anche la lettura, la memorizzazione, la produzione delle parole. Secondo una ricerca, per esempio, gli alunni di 7, 9 e 11 anni che scrivevano a mano erano in grado di farlo più velocemente, utilizzando più parole e esprimendo più idee rispetto a quando lo facevano alla tastiera.

Ma se questo è vero per la scrittura a mano in generale, le idee sono molto meno chiare riguardo a una presunta utilità del corsivo rispetto allo stampatello: c’è qualche vantaggio, di tipo cognitivo? Qualche utilità pratica, per esempio la velocità?

Parole che corrono. Dal latino currere (che corre, che scorre) la scrittura in corsivo, che si impose nell’Italia del Rinascimento, è associata da sempre all’idea che consenta di risparmiare tempo nel vergare caratteri sulla carta. Ma è davvero così? Quasi tutti risponderebbero in maniera affermativa. In realtà, quando sono stati fatti delle prove paragonando la velocità dei vari tipi di scrittura il corsivo non ha ottenuto vittorie schiaccianti, e comunque poco significative, come sottolinea in un articolo sulla rivista Nautilus il giornalista Philip Ball: tutti sono abituati a scrivere in corsivo e quindi non ci sono termini di paragone rispetto a chi ha adottato fin da piccolo un altro metodo di scrittura. In uno studio recente che ha paragonato la velocità di scrittura di bambini della scuola primaria in Francia e Canada il corsivo è risultato più lento rispetto alla scrittura in stampatello. A sorpresa, il metodo più veloce è stato un mix personalizzato di scrittura adottato da bambini canadesi cui, a differenza di quelli francesi che possono utilizzare solo il corsivo, imparano anche lo stampatello.

Aiuta a pensare, leggere o scrivere? Alcuni studi hanno osservato che lo scrivere in corsivo o in stampatello comporta l’attivazione di aree cerebrali diverse. E, curiosamente, dopo un incidente o un ictus c’è chi mantiene la capacità di scrivere in corsivo e non in stampatello, o viceversa. Se però il corsivo comporti un particolare tipo di vantaggio cognitivi rispetto allo stampatello non è per niente chiaro. Secondo uno studio recente, a partire da circa 9 anni, i bambini che scrivono in corsivo sembrano in grado di comporre testi più fluidi e migliori nell’ortografia, come se il fatto di legare le lettere nel tratto con la penna aiutasse anche la composizione delle parole e delle frasi. E altre ricerche sostengono che il corsivo, che richiede una coordinazione tra l’occhio e la mano e capacità motorie fini, potrebbe essere d’aiuto agli alunni dislessici. Ma per ora sono indizi piuttosto deboli.

Consigli pratici. A parte le preferenze personali (o estetiche e culturali), potrebbero non esserci insomma ragioni scientifiche per imporre a tutti costi il corsivo. Virginia Berninger, docente di psicologia dell’educazione alla Washington University e autorevole studiosa di apprendimento della scrittura, suggerisce per i bambini un processo in tre fasi: partire dallo stampatello, che facilita anche l’imparare a leggere (migliora il riconoscimento delle parole), inserire il corsivo negli anni equivalenti alla nostra terza e quarta elementare, che aiuta la composizione e l’ortografia, e infine passare all’utilizzo della tastiera dall’ultimo anno delle elementari in poi, utile perché la scrittura con entrambe le mani è una sorta di allenamento per il cervello.

3 ottobre 2016 Chiara Palmerini
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