Ancora per molti anni non verremo operati da un chirurgo-androide, ma la tecnologia continua a progredire e anche l'uso dei robot in sala operatoria cambierà. Di certo aumenteranno le possibili applicazioni: ricercatori del Dipartimento di Oftalmologia della Johns Hopkins University di Baltimora (Usa), per esempio, ritengono che la chirurgia robotica potrà essere d'aiuto anche agli oculisti per operare retina e cataratta, perché i micro-movimenti possibili con gli strumenti robotici potranno consentire interventi ancora più precisi e sicuri.
Bracci robotici. O ancora, si stanno sperimentando piattaforme robotiche che grazie alla manovrabilità dei bracci robotici, utilizzino vie d'ingresso naturali: in futuro la chirurgia sarà senza cicatrici perché si potrà raggiungere l'area da operare entrando dalla bocca o da altri orifizi naturali. «I sistemi già in uso diventeranno sempre più piccoli e manovrabili, ma soprattutto saranno sempre più integrati a metodi di diagnostica per immagini, come la Tac in tre dimensioni, e ad algoritmi di intelligenza artificiale», dice Franca Melfi, docente di chirurgia toracica dell'Università di Pisa e direttrice del Centro Robotico Multidisciplinare dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa.
«Nella pratica significa che sarà possibile "vedere" il campo operatorio con sempre maggior chiarezza per intervenire con precisione, ma anche che si potrà fare diagnosi durante l'intervento, grazie a ricostruzioni tridimensionali particolareggiate o alla possibilità di analizzare il tessuto che si asporta in diretta, mentre lo si opera».
I chirurghi di domani. Altrettanto certo è che le piattaforme di chirurgia robotica non sostituiranno mai i chirurghi in carne e ossa. Ma saranno fondamentali per formarli. «C'è un grosso problema di carenza di chirurghi in tutto il mondo», spiega Melfi. «Si stima ne manchino oltre 2,3 milioni e che ben 17 milioni di persone muoiano perché non hanno accesso alla chirurgia di base, cioè interventi semplici e di routine, proprio per carenza di professionisti. Le piattaforme robotiche possono essere la chiave per sopperire anche alla mancanza di formazione, perché consentono di farla a distanza: un chirurgo già oggi può collegarsi da remoto con mille, duemila colleghi per mostrare grazie al robot come si esegue un intervento e tutto questo aiuterà a garantire una maggiore equità di accesso alla chirurgia, per esempio nei Paesi in via di sviluppo, e favorendo la formazione al femminile risolverà pure il gap di genere che tuttora c'è nelle sale operatorie»