Ricercatori australiani hanno ricostruito con precisione scientifica la testa e il volto di un’antica mummia egizia, utilizzando una stampante 3D e tecniche di medicina legale. Se da un lato il risultato ha permesso di avere un’immagine realistica di una persona di oltre 2000 anni fa - oltre che un oggetto di estremo interesse museale - dall’altro la ricostruzione ha consentito di mantenere un reperto archeologico che difficilmente sarebbe potuto sopravvivere a lungo nelle condizioni in cui si trovava.
Dimenticato. Il reperto originario, infatti, giaceva negli scantinati dell’università di Melbourne dove fu portato agli inizi del 1900 da Frederic Wood Jones, un archeologo diventato poi professore di anatomia. Era composto da una testa mummificata, da cui si potevano raccogliere ben pochi dati, per la precarietà di ciò che rimaneva (oltretutto, il corpo era già perduto quando il materiale venne portato all’università).
Raggi X. Da decenni, inoltre, nessuno più si ricordava di quella mummia, finché un curatore dell’università non si è nuovamente imbattuto nell’oggetto. Quando Ryan Jefferies si è accorto che il cranio stava per marcire ha deciso che si doveva far qualcosa per fare “rivivere” quel volto. «Se lo si fosse analizzato con semplici tecniche mediche si sarebbe potuto frantumare del tutto, così abbiamo pensato a una TAC, che ha poi dato modo a tecnici forensi di ricostruire l’intera testa di quella persona», ha spiegato Jefferies.
Seconda vita. Dalla TAC, Gavan Mitchell, specialista di analisi forensi, ha trasformato i dati in istruzioni per una stampante in 3D, che in 140 ore di lavoro ha ricostruito il teschio. Su di esso poi Jennifer Mann ha dato vita al volto che oggi ci riporta tra gli egizi di 2300 anni fa.
Attualmente si sta cercando di dare una data precisa alla morte della donna, probabilmente avvenuta attorno al 300 avanti Cristo.