A una manciata di giorni dal compimento ufficiale di Brexit, il Governo del Regno Unito ha lanciato una consultazione pubblica per valutare la possibilità di autorizzare l'utilizzo di tecniche di editing genetico sui raccolti e sugli animali da allevamento. Secondo il Dipartimento dell'ambiente, dell'alimentazione e degli affari rurali (DEFRA), sfilarsi dalla stringente regolamentazione europea, che rende l'eventualità di usare tecniche di gene editing su prodotti destinati all'alimentazione umana praticamente impossibile, permetterebbe di ottenere benefici come cibo più sano e resistente e con un minore impatto ambientale, oltre a garantire un maggiore benessere per gli animali. Ma nella comunità scientifica c'è chi ha accolto l'iniziativa con preoccupazione.
Correzioni precise. Le tecniche di editing genetico come la Crispr/Cas9 permettono di operare modifiche chirurgiche in determinanti punti del genoma-bersaglio, per aggiungere, rimuovere o modificare materiale genetico (per approfondire). In questo modo si punta a raggiungere più rapidamente le stesse mutazioni genetiche che senza le forbici molecolari potrebbero essere selezionate con il tempo, attraverso gli incroci di successive generazioni di piante o animali.
Si tratta di un approccio diverso dalle tecnologie OGM, che prevedono invece l'introduzione del DNA di una specie in quello di un'altra - per esempio utilizzando virus delle piante per inserire frammenti di genoma estraneo in vegetali coltivati - e che anche nel Regno Unito continueranno ad essere soggette a un bando quasi totale.
Come funziona nella UE. La legislazione europea di fatto mette sullo stesso piano editing genetico e OGM, e anche se non proibisce formalmente la coltivazione di organismi geneticamente modificati, le clausole per ottenerli sono così stringenti da rendere quasi impossibile ottenere un'approvazione. Molti gruppi di interesse tra i coltivatori del Regno Unito stanno spingendo affinché dopo la Brexit si adotti un approccio più morbido su questi temi.
I pro. I fautori di questa linea "soft", a cominciare dal Segretario dell'Ambiente George Eustice, vedono nell'editing genetico uno strumento per sviluppare raccolti capaci di una migliore resa, che riducano i costi per gli agricoltori e abbiano un minore impatto ambientale, che sappiano resistere meglio alle sfide poste dai cambiamenti climatici e garantire una maggiore sicurezza alimentare.
Se tecnologie come la Crispr/Cas9 (fresca fresca di Nobel) riuscissero a migliorare la capacità degli animali da allevamento di rispondere a determinate malattie, si potrebbero ottenere capi di bestiame più sani e raggiungere standard più elevati di benessere animale.
Alcuni ipotizzano persino che l'editing genetico, selezionando alcuni tratti desiderati negli animali o migliorando processi come la fotosintesi, possa aiutare a raggiungere la tanto auspicata neutralità carbonica.
La ricerca agraria sfrutta le tecniche di editing genetico per ottenere raccolti più resistenti a funghi e parassiti e quindi meno bisognosi di pesticidi, che abbiano una migliore resa e riducano l'impiego di fertilizzanti, o che sappiano offrire migliori qualità nutrizionali: in Giappone è stata di recente approvata la vendita di pomodori contenenti cinque volte la quantità di un amminoacido che abbassa la pressione sanguigna. Lo stesso approccio sugli animali consentirebbe di ridurre l'utilizzo di antibiotici che contribuisce alla selezione e alla diffusione di super batteri altamente resistenti.
I contro. Tra chi è impegnato nella tutela del benessere animale è però vivo il timore che questi strumenti non facciano che aggravare le condizioni del bestiame: sviluppare esemplari più resistenti alle malattie potrebbe spingere gli allevatori a stiparne in maggior numero negli stessi angusti spazi, peggiorando ulteriormente il loro benessere in vita. Ce lo insegna il passato: la possibilità di selezionare, anche con metodi naturali, alcuni tratti desiderabili negli animali non ha migliorato il modo in cui li trattiamo (per esempio, per ottenere più uova selezioniamo galline più vulnerabili a fratture ossee).
Se non li coltivi, te li vendo... I rappresentanti della Soil Association (un'associazione che si oppone all'agricoltura intensiva e si occupa della certificazione dei prodotti biologici), infine, temono che il dibattito dreni investimenti vitali alla ricerca su come ripristinare i suoli impoveriti, migliorare la diversità dei raccolti o ridurre la dipendenza da fertilizzanti sintetici e pesticidi. La Brexit, ricordano, non dovrebbe essere usata come pretesto per perseguire una progressiva deregolamentazione. Senza contare le conseguenze che un'eventuale approvazione di tecniche di editing genetico in campo alimentare avrebbe sul commercio di prodotti agricoli con la vecchia, "conservatrice" Europa.