Scienze

Rallentare la vita per salvare vite: il nuovo piano della DARPA

I militari Usa puntano a una tecnologia che metta in "animazione sospesa" i feriti, per avere più chance di salvarli. Guerra a parte, si aprono nuovi scenari per la vita di tutti i giorni e per l'esplorazione spaziale.

Il prossimo obiettivo per scenari di guerra casa per casa: congelare i feriti per avere il tempo per soccorrerli. Uno scenario da fantascienza, ma non troppo, perché il nuovo programma lanciato dalla DARPA, l'agenzia governativa USA per lo sviluppo di nuove tecnologie militari va in questa direzione: portare il corpo umano in una condizione di "sospensione", rallentando le reazioni biochimiche per prolungare la cosiddetta golden hour, ossia quel breve intervallo di tempo utile per mettere in pratica tutto ciò che serve a salvare una vita in grave pericolo.

Il motto del nuovo filone di ricerca, chiamato Biostasis, suona più o meno così: "rallentare la vita per salvare la vita". Punta a intervenire all'interno del corpo umano anziché velocizzare la macchina dei soccorsi, cosa non sempre possibile. L'obiettivo può in effetti apparire ai limiti della fantascienza, ma in natura ci sono organismi capaci di sopravvivere al sopraggiungere di condizioni estreme - congelamento, radiazioni, disidratazione - riducendo al minimo i processi biologici (si pensi ai tardigradi, o anche alla strategia del letargo o dell'assopimento).

tempestività. Quando un militare è gravemente ferito, il fattore tempo è la principale variabile a determinarne la sopravvivenza: diversi studi definiscono una finestra temporale relativamente breve, meno di un'ora (la golden hour) per gli interventi salvavita - una regola che vale anche in molte situazioni di vita "normale", come può essere un grave incidente stradale.

La DARPA non ha ancora sviluppato le tecnologie né ha definito i protocolli: nel prossimo futuro i ricercatori che partecipano al programma Biostasis indagheranno i meccanismi attraverso i quali le proteine e altre macchine molecolari trasformano energia chimica e cinetica nei processi biologici fondamentali del corpo umano. La speranza è non solo di riuscire a rallentarli, ma anche - naturalmente - di poterli ripristinare correttamente a emergenza ultimata, senza danni ed effetti collaterali.

A piccoli passi. La ricerca dovrà testare questi approcci prima su singole cellule, poi su tessuti e quindi su interi organismi: un lavoro complesso, che presumibilmente avrà notevoli ricadute in molti ambiti, dalla conservazione di medicinali e di sangue per le trasfusioni ai nuovi paradigmi dell'esplorazione spaziale.

8 marzo 2018 Elisabetta Intini
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