I ratti giganti nell'Africa Sub-Sahariana sono in via di addestramento per fiutare la tubercolosi negli esseri umani.
Un esemplare di Cricetomys gambianus di sette settimane. |
Una pantegana vi salverà dalla tubercolosi. O meglio i ratti giganti nell'Africa Sub-Sahariana che sono in via di addestramento per fiutare la tubercolosi negli esseri umani. Questa specie di ratti ha un olfatto molto sviluppato ed è già utilizzata con successo per individuare le mine. Ora alcuni test suggeriscono che questi animali siano in grado di testare 150 campioni di saliva in circa 30 minuti, mentre gli addetti specializzati, armati di microscopio, possono testarne soltanto 20 campioni al giorno. Per questo motivo la Banca Mondiale ha stanziato 165 mila dollari per uno studio accurato del potenziale diagnostico dei topi.
La tubercolosi sembrava infatti debellata per sempre, mentre in realtà è ancora molto diffusa (e in crescita) in parecchie zone povere: si stima che nel 2003 saranno circa 2 milioni e mezzo le persone morte per questa malattia.
Addestrati per sniffare. Il test più utilizzato oggi per individuare i batteri della tubercolosi è effettuato al microscopio e utilizza tre campioni di saliva di un paziente raccolti nel corso di due giorni. Lo studio sui ratti, invece, avrà inizio nel mese di luglio 2004 e testerà le abilità olfattive di circa 30 ratti giganti della specie Cricetomys gambianus. I ricercatori paragoneranno, poi, le potenzialità di questi animali con i risultati ottenuti con l'utilizzo del microscopio. I risultati preliminari, comunque, sono già positivi: i ricercatori hanno usato noccioline e banane per premiare i ratti quando si fermavano sugli odori “target”; in questo modo hanno sensibilizzato 5 ratti ad individuare l'odore dei batteri della tubercolosi contenuti nella saliva, e altri 5 all'odore di batteri coltivati. I ratti sono stati testati usando 10mila campioni di saliva e sono stati in grado di identificare circa il 77 per cento dei campioni infetti; la percentuale è migliorata nel caso dei campioni di batteri coltivati, mentre gli errori sono stati meno del 2 per cento.
(Notizia aggiornata al 29 dicembre 2003)