Un gruppo di ricercatori statunitensi ha trovato un modo di coltivare psilocibina... senza coltivare funghi allucinogeni: "ingegnerizzando" alcuni batteri in modo che producessero il composto psicoattivo, e ottimizzando poi il processo per aumentare la quantità di sostanza generata. Il risultato descritto su Metabolic Engineering rappresenta il primo esempio di produzione di psilocibina in un ospite procariote, nonché il migliore tentativo riuscito di sintesi di grandi concentrazioni di questo alcaloide.
Potenzialità da esplorare. La psilocibina è il principio attivo responsabile delle proprietà allucinogene e psicoattive di 200 specie di funghi. Negli ultimi tempi si è conquistata una reputazione sempre più solida per il modo in cui allevia i disturbi di alcune condizioni psichiatriche, come forme di depressione resistenti ad altri trattamenti, alcuni disordini alimentari e i disturbi post traumatici da stress. Per queste ragioni è attualmente utilizzata in alcune sperimentazioni farmacologiche controllate, ma per produrne in quantità servirebbe coltivare i funghi, con problemi di tempo e di spazio.
Utensili genetici. Così un gruppo di ricercatori dell'Università di Miami (Florida) ha deciso di tentare la strada dell'ingegneria metabolica, inserendo in una popolazione di batteri Escherichia coli i geni che il fungo allucinogeno Psilocybe cubensis utilizza per produrre psilocibina.
Questo processo di biosintesi già usato in altri campi (come nella produzione di bioetanolo, un combustibile ottenuto dalle biomasse per azione di lieviti e batteri) permette ai batteri di produrre cellule che di norma non producono, o in quantità molto maggiori di quelle che produrrebbero.
Un successo. Ha funzionato: il DNA del fungo ha permesso ai batteri di produrre psilocibina attraverso un processo di fermentazione, che è stato ottimizzato per ottenere le maggiori quantità della sostanza, con la maggiore affidabilità possibile e con il minore accumulo di prodotti intermedi. Nelle condizioni più adatte alla fermentazione, i batteri ingegnerizzati pPsilo16, sistemati in grandi bioreattori, hanno prodotto 1,16 grammi di psilocibina per litro di soluzione nutriente, la più alta concentrazione di psilocibina mai prodotta da un organismo ricombinante - cioè avente un DNA nel quale è stato introdotto un gene che appartiene a un organismo estraneo e che contiene le informazioni necessarie per stimolare (o inibire) la produzione di una particolare proteina.
In un P. cubensis, la quantità di psilocibina varia tra lo 0,37 e l'1,30 per cento sul totale del peso a secco del fungo. Il processo di ottimizzazione è stato molto rapido: nel corso dello studio si è passati dall'ottenere pochi milligrammi per litro fino a oltre un grammo per litro, con un aumento della produzione di quasi 500 volte.