Scienze

Un modello di tunnel spazio-temporale costruito col grafene

Un ponte di Einstein-Rosen più piccolo di un capello dimostra che la struttura è ipotizzabile e stabile, e che potrebbe anche avere ricadute pratiche.

Da Stargate a Interstellar, molta fantascienza ha reso celebre il cunicolo spazio-temporale. Più noto col termine inglese di wormhole (buco di verme), si tratta in effetti di fenomeno contemplato dalla fisica teorica, ipotizzato addirittura nel 1916 dallo scienziato austriaco Ludwig Flamm sulla base di un'idea della cosmologia di fine '800 ed elaborato poi nell'ipotesi che - per la scienza - prende il nome di ponte di Einstein-Rosen.

La teoria è complessa, ma l'effetto (fantascientifico) è semplice: il wormhole è una scorciatoia tra un punto e un altro dell'universo. Permetterebbe perciò di percorrere una distanza qualunque in un tempo non istantaneo, ma infinitamente inferiore a quello che impiegherebbe la luce attraverso lo "spazio normale", ossia senza scorciatoie. Finora non sono state trovate evidenze dell'esistenza di wormhole nell'Universo.

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Modellizzazione del ponte di Einstein-Rosen. © Alireza Sepehri et all.

Ecco però che un team internazionale a cui ha partecipato Salvatore Capozziello (Università Federico II di Napoli) annuncia di aver realizzato un modello di warmhole di grandezza inferiore a un millimetro: la ricerca, con tutta la sua matematica, è riportata online su ArXiv ed è in attesa di pubblicazione sull'International Journal of Modern Physics.

Al di là della dimensione (1 millimetro!), non immaginatevi però di poter intraprendere a breve viaggi nello spazio-tempo: tecnologie a parte, non c'è nulla di fantascientifico. I ricercatori hanno utilizzato il materiale più sottile al mondo per simulare su scala microscopica ciò che potrebbe accadere nello Spazio: due fogli di grafene (per simulare due regioni dell'Universo distanti quanto vi pare) uniti da un nanotubo di carbonio (il pozzo, o "buco di verme" che li unisce).

«Sul piano teorico il nostro lavoro propone una soluzione della cosiddetta equazione ponte di Einstein-Rosen», afferma Capozziello. Un risultato intrigante, però, anche per alcuni aspetti pratici.

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Modellizzazione del ponte di Einstein-Rosen. © Alireza Sepehri et all.

Se il modello di Einstein-Rosen descrive gigantesche strutture cosmiche, il modello proposto con questa ricerca potrebbe infatti, più realisticamente, condurre a nuove implicazioni tecnologiche. Quanto osservato consentirebbe per esempio di trasmettere segnali elettrici in maniera estremamente precisa, a livello atomico. Il sistema si presenta stabile ma, commenta Capozziello, «abbiamo scoperto che con atomi penta o eptavalenti, cioè con 5 o 7 legami anziché i 6 del grafene puro, succede una cosa interessante: si generano correnti elettriche. Quindi il wormhole, secondo la nostra analogia, non è solo una struttura ipotizzabile e stabile, ma è possibile farvi passare informazioni, nel nostro caso la corrente».

Al momento l'obiettivo del team è la realizzazione di un prototipo eventualmente riproducibile su scala industriale: si potrebbero ottenere, per esempio, nanostrutture capaci di trasmettere segnali in modo istantaneo, poiché transiterebbero nel vuoto del wormhole.

Beata corrente elettrica, allora, perché invece la possibilità - per "noi" - di passare quasi all'istante da una zona all'altra dell'Universo resta fantascienza. Un wormhole cosmico richiederebbe una quantità di energia altrettanto cosmica per generare la scorciatoia: l'unica fonte potrebbe forse essere un buco nero, che avrebbe la funzione di "stargate" per il wormhole, ma chi vorrebbe avvicinarsi tanto a un buco nero da poterlo attraversare?

21 marzo 2017 Andrea Rubin
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