Il primo è stato il mimivirus (Mimivirus), scoperto oltre dieci anni fa: un essere dalle dimensioni simili a quelle dei batteri (che sono organismi indipendenti e molto più complessi) e dalla struttura enormemente più complessa di altri virus suoi simili, come quello dell'influenza o del vaiolo. Dopo la scoperta di altre specie come i Pandoravirus, ancora più grandi, ecco un nuovo essere, il Pithovirus sibericum.
Trovato, come suggerisce il nome, nel permafrost siberiano antico oltre 30.000 anni. La scoperta è di un gruppo di microbiologi francesi e russi guidato da Jean-Michel Claverie, che aveva già scoperto altri strani virus. Le dimensioni del Pithovirus sono sorprendenti: lungo circa 1,5 millesimi di millimetro e largo 0,5, è il più grosso dei virus conosciuti. Come hanno dimostrato gli esperimenti in laboratorio, i suoi "ospiti" erano (e possono essere) amebe unicellulari del genere Acanthamoeba, come per gli altri virus giganti: dopo averle infettate, il virus si replica al loro interno.
Vedi anche: i mimivirus.
Come lo classifichiamo? Il nuovo virus è, dal punto di vista delle studio della vita, estremamente interessante. Riunisce infatti le caratteristiche dei due tipi precedenti (mimivirus e pandoravirus) e obbliga a ripensare alla loro classificazione. Come mimivirus, ha un patrimonio genetico costituito da una percentuale elevata di adenina e timina (due delle molecole che costituiscono l'alfabeto del Dna; le altre sono citosina e guanina). Ma ha una struttura simile a quella del pandoravirus, anche se si riproduce infettando le amebe in maniera differente.
Alcune delle proteine che lo compongono sono simili a quelle di altri virus, come il Marseillevirus (altro virus gigante), ma per la maggior parte - il 66,5% - sono nuove e non presenti in altre forme di vita. In altre parole, i ricercatori non sanno ancora dove collocarlo nei regni dei viventi - sempre se si considerano viventi i virus.
Vedi anche: i pandoravirus.
Il pericolo viene dal caldo. La scoperta di un virus tuttora attivo in permafrost vecchio di 30.000 anni ha fatto pensare che lo scioglimento dei ghiacci dovuto al riscaldamento globale potrebbe liberare altri patogeni, sia virus sia batteri. Tanto che lo studio arriva a conclusioni da considerare con grande attenzione: «I nostri risultati», affermano i ricercatori, «danno ulteriore sostanza alle possibilità che patogeni infettivi virali potrebbero essere liberati in antichi strati di permafrost a causa del riscaldamento, delle miniere e dei pozzi di petrolio o gas».