Scienze

Le personalità scientifiche del 2018, secondo Nature

Dal "padre" delle neonate con DNA modificato alla paleogenetista che ha trovato le ossa di un ominide metà Neanderthal e metà denisoviano, dal catalogatore di stelle a chi risolve cold case grazie a database genetici: i dieci che hanno lasciato una traccia, quest'anno, nella scienza.

Come ogni anno in questo periodo, la rivista Nature ha stilato la top 10 delle figure che più di tutte hanno lasciato il segno nella scienza, dalla ricerca accademica all'impegno a tutela dell'ambiente.

La classifica non comprende esclusivamente figure positive, che comunque sono la maggior parte, ma quelle di cui si è più parlato: non sorprende, dunque, che nella Nature's 10 figuri anche He Jiankui, lo scienziato cinese che qualche settimana fa ha spiazzato la comunità accademica internazionale dichiarando di aver effettuato i primi test di editing genetico sugli embrioni sfociati in una gravidanza e in un parto (di due gemelle). Delle potenziali ricadute dell'esperimento, su cui sono trapelate soltanto alcune indiscrezioni e che non risulta pubblicato su riviste scientifiche, abbiamo scritto qui.

Ricerche controverse a parte, il 2018 è stato un anno ricco, come scrive Rick Monastersky, caporedattore di Nature Features, di «eventi scientifici memorabili che ci obbligano a confrontarci con interrogativi difficili su chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti».

Uno di questi eventi memorabili lo dobbiamo al fisico Yuan Cao, del Massachusetts Institute of Technology (MIT), che a soli 21 anni ha contribuito in modo significativo al calcolo dell'angolo di rotazione perfetto tra due fogli di grafene tale da consentire al materiale un comportamento da superconduttore, per fare fluire elettricità praticamente senza resistenza: un risultato che mette le basi a studi e applicazioni altrettanto memorabili.

La paleogenetista Viviane Slon, dell'Istituto tedesco Max Planck di Biologia evoluzionistica di Lipsia, ha contribuito a una delle scoperte più entusiasmanti dell'anno, quando ha sequenziato il DNA di un osso di 90.000 anni fa, scoprendo che apparteneva a una bambina frutto dell'unione tra una madre Neanderthal e un padre denisoviano.

Jess Wade, fisica dell'Imperial College London, è entrata nella prestigiosa lista per aver contribuito a rendere la scienza più libera, aperta e rappresentativa, compilando centinaia di pagine Wikipedia con i profili di donne, persone di colore e altre categorie poco rappresentate in questo campo.

Robert-Jan Smits, funzionario dell'Unione Europea, ha reso noto e lanciato il Plan S, un tentativo di promuovere al massimo gli articoli scientifici open-access, cioè di libera consultazione, entro il 2020. Di un database pubblico di profili genetici ha approfittato Barbara Rae-Venter, "detective del DNA", per identificare con un metodo che confronta genetica e genealogia un serial killer attivo in California tra gli anni '70 e '80.

Anthony Brown ha guidato un team che ha compilato la mappa di oltre un miliardo di stelle della missione GAIA; un altro astronomo, Makoto Yoshikawa, ha condotto la missione (in corso) dell'agenzia spaziale giapponese, Hayabusa 2, fino all'asteroide Ryugu, da cui dovrebbe raccogliere campioni da riportare a Terra.

La climatologa Valérie Masson-Delmotte ha avuto un ruolo chiave nella realizzazione del rapporto dell'IPCC che stabilisce in 12 anni il tempo massimo in cui potremo agire per mitigare gli effetti del riscaldamento globale, prima di arrivare a conseguenze nefaste e irreparabili. Sempre di ambiente si è occupata Bee Yin Yeo, ministro malese dell'energia, della scienza e della tecnologia, impegnata in prima linea nelle campagne di riduzione della plastica monouso.

29 dicembre 2018 Elisabetta Intini
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