La domanda è più complessa di quanto si pensi: perché l'uomo è così privo di peli, rispetto agli altri primati? Gli ominidi che popolavano la Terra alcuni milioni di anni fa, come l'australopiteco Lucy, somigliavano a scimpanzé, quanto a peluria. La pelliccia naturale doveva aiutarli a mantenersi al caldo e a mimetizzarsi. Com'è successo che li abbiamo persi?
a Mente fresca. La teoria più accreditata è stata formulata negli anni '90 da Peter Wheeler, della Liverpool John Moores University. Lo scienziato elaborò un modello matematico che spiegava quanto calore i nostri antenati dovessero disperdere affinché il cervello funzionasse a dovere.
Per evitare di surriscaldare il cranio e il suo contenuto, avvennero due importanti cambiamenti correlati tra loro. Il primo fu il raggiungimento della posizione eretta, che consentiva una minore esposizione di superficie corporea alla luce diretta del sole. Il secondo, più importante, fu proprio la perdita dei peli.
Via il superfluo. Con il raggiungimento degli spazi aperti e battuti dal sole delle savane, l'uomo iniziò a correre su lunghe distanze, a caccia di cibo o per sfuggire a predatori. Una folta pelliccia l'avrebbe penalizzato; e la perdita di pelo favorì lo sviluppo della sudorazione, il metodo più efficace di dispersione di calore.
La pelle "nuda" e lo sviluppo di ghiandole sudoripare permisero di cacciare anche nelle ore più calde del giorno, facendo incetta di calorie e favorendo lo sviluppo del cervello (non a caso, con 5 milioni di ghiandole sudoripare e fino a 12 litri di sudore in piena attività, l'uomo è il primate che suda più di tutti).
Questa svolta potrebbe essere arrivata con l'Homo erectus, 1,8 milioni di anni fa: questo nostro antenato aveva infatti un corpo adatto alla corsa e lunghi tendini di Achille, che gorilla e scimpanzé non hanno.