I 220 volt consentono l’erogazione di una maggiore quantità di energia elettrica, limitando il più possibile il rischio di scosse mortali. Più alta è la tensione, infatti, e più si riducono le perdite nel corso del trasporto via cavo (nei lunghi percorsi lungo i cavi ad alta tensione la corrente viaggia addirittura a centinaia di migliaia di volt), e d’altra parte l’azienda elettrica deve garantire la sicurezza degli utenti. La necessità di uniformare il voltaggio in tutte le nazioni ha poi portato alla scelta di un valore preciso, 220 appunto, anche se 215 o 225 volt avrebbero ugualmente rispettato i requisiti richiesti. La corrente, inoltre, è alternata perché in questa forma si può facilmente passare da un voltaggio all’altro (lo strumento per effettuare questo passaggio, il trasformatore, fu inventato nel 1885 da William Stanley). La corrente continua viene tuttora utilizzata in casi particolari, perché garantisce minore dispersione: nei grandi trasporti di energia verso le isole, per esempio, o nell’alimentazione di apparati ferroviari. Infine, la corrente ha un’altra caratteristica: la frequenza, cioè la quantità che indica quante volte al secondo “cambia direzione”. In Europa è di 50 cicli, negli Stati Uniti di 60: dipende dalla velocità di rotazione degli alternatori che generano la corrente. Da noi è fissata per convenzione in 3000 giri al minuto o (il che è lo stesso) 50 al secondo.