Ingannare il corpo è difficile: quando, ad esempio, cerchiamo di placare la voglia di zuccheri sostituendoli con i dolcificanti, lui se ne accorge e non si lascia beffare. Questo meccanismo è conosciuto da decenni, tuttavia fino a oggi non era chiaro in che modo in nostro organismo svelasse l'inganno: uno studio condotto da un team della Duke University (USA) e pubblicato su Nature Neuroscience ha indagato su che cosa succede nell'intestino a livello molecolare, scoprendo che esiste un particolare gruppo di cellule che scatena due diverse risposte neurali in base alla sostanza rilevata - zucchero o dolcificante.
Cellule in allerta. Studi precedenti avevano dimostrato che nell'intestino sono presenti cellule connesse direttamente ai neuroni (e dunque al cervello), simili a quelle che rilevano il gusto e l'olfatto. Queste cellule sensibili, chiamate neuropods (letteralmente neuropodi, cellule epiteliali sensoriali intestinali), trasmettono le informazioni al cervello pochi millisecondi dopo aver individuato la presenza dello zucchero. «Lo zucchero che ingeriamo stimola queste cellule dell'intestino che rilasciano glutammato (uno dei neurotrasmettitori più importanti del nostro sistema nervoso, NdR) e attivano il nervo vago», spiega Diego Bohórquez, uno degli autori degli studi precedenti e di quello nuovo.
Stimoli diversi. Partendo da queste conoscenze, i ricercatori della Duke University hanno indagato più a fondo la questione, cercando di capire in che modo i neuropodi riescono a distinguere tra zucchero e dolcificanti. Per farlo, hanno iniettato queste due sostanze direttamente nell'intestino di topi anestetizzati e ne hanno analizzato la risposta.
I risultati hanno evidenziato che i neuropodi individuano la presenza dello zucchero attraverso il trasportatore SGLT1, che li stimola a rilasciare glutammato che a sua volta attiva il nervo vago, responsabile di inviare segnali di gratificazione al cervello (e per questo ci sentiamo appagati dopo aver assunto zucchero); al contrario, quando è il dolcificante a entrare in contatto con i neuropodi, le cellule rilasciano ATP (adenosina trifosfato), un neurotrasmettitore che attiva una zona differente della via intestino-cervello (e non ci lascia appagati).
Ingannare il cervello. In futuro, suggerisce Lisa Beutler, endocrinologa alla Northwestern University che non ha preso parte allo studio, queste conoscenze potrebbero essere utili per modificare il modo in cui ci alimentiamo: «Se si potesse, ad esempio, sviluppare un dolcificante privo di calorie che riesca a stimolare il trasportatore SGLT1, potremmo forse riuscire a ingannare la mente facendole credere di star ingerendo alimenti calorici», spiega l'esperta. Ma non sarebbe più semplice imparare a controllare le proprie voglie?