Con tutta la nostra tecnologia, la struttura interna del pianeta che abitiamo è a tutti gli effetti qualcosa che sfugge alle nostre possibilità di esplorazione diretta. Le tecnologie di perforazione messe a punto in questi anni per raggiungere profondi giacimenti petroliferi ci permettono di arrivare a circa 10 chilometri al di sotto della superficie terrestre, e il pozzo più profondo mai raggiunto ci ha portati a poco più di 12 chilometri di profondità: andare oltre richiederebbe uno sforzo tecnologico ed economico che nessuno, al momento, pare voler intraprendere. In più, i pozzi realizzati sul pianeta sono relativamente pochi e hanno permesso di ottenere limitate informazioni dirette sull'interno della Terra.
Il quadro che abbiamo di ciò che sta sotto i nostri piedi è dunque stato dedotto indirettamente dallo studio delle onde sismiche dei grandi terremoti, che hanno percorso in lungo e in largo l'intero pianeta e che sono state registrate da centinaia di precisi sismografi posti in tutto il mondo.
La velocità di propagazione delle onde sismiche cambia in rapporto al tipo di materiale che attraversano: incrociando decine di migliaia di dati siamo riusciti a ottenere quello che riteniamo essere "un buon quadro" della struttura della Terra. Oggi possiamo dire che il nostro pianeta è composto da "gusci concentrici": una crosta che arriva fino a 70 km di profondità, un mantello che giunge fino a 2.900 chilometri e un nucleo - fino al centro della Terra, a circa 6.370 chilometri sotto di noi.
Inner core: il cuore del pianeta. Da tempo sappiamo che il nucleo è composto da due strati: uno esterno liquido e uno interno solido (sono sempre le onde sismiche a raccontarlo). Nello strato liquido, fatto principalmente da ferro e in percentuale molto minore da nichel, la temperatura raggiunge i 3.000 °C: sappiamo che è liquido perché le onde sismiche ondulatorie, chiamate onde S, scompaiono, in quanto non attraversano materiali liquidi.
Più all'interno c'è il "nocciolo duro" del nucleo, solido, composto quasi esclusivamente da ferro: qui le temperature arrivano a 5.400 °C.
Una conformazione, questa, che si è creata circa un miliardo di anni fa: è una stima accurata, basata sul calcolo (teorico) del tempo necessario alla parte solida del nucleo per raggiungere le dimensioni attuali, che sono di circa 1.215 chilometri.
Si tratta di un quadro morfologico ampiamente condiviso: sono tante le informazioni che lo confermano. Tutto chiaro allora? No.
Il paradosso. C'è in tutto questo un fattore relativamente poco approfondito, perché difficile da trattare, e riguarda il modo con il quale si è formato il nucleo solido.
Il problema è stato riportato all'attenzione dei geofisici da Matthew Willard e altri ricercatori della Case Western Reserve University (Cleveland, Usa): le riflessioni su quello che chiamato "il paradosso della nucleazione del nucleo interno della Terra" sono state pubblicate su Earth and Planetary Science Letters.
Ludovic Huguet, del gruppo di ricerca, spiega in questo modo la questione: alle pressioni e temperature che sussistono in prossimità del nucleo, «affinché il ferro del nucleo liquido possa essersi solidificato, sarebbe stato necessario che la temperatura scendesse di un migliaio di gradi, ma se ciò fosse avvenuto si sarebbe solidificato l'intero nucleo, non solo una parte, e questo non è accaduto».
In laboratorio è già stata dimostrata la possibilità di generare un nucleo solido all'interno di un nucleo ferroso liquido (inserendovi frammenti solidi) senza dover abbassare in modo significativo la temperatura, ma... può succedere anche a livello planetario?
Sembra improbabile che un grande blocco di mantello possa essere finito nel nucleo per innescare e contribuire alla formazione del nocciolo solido: al più, si potrebbe ipotizzare che molti pezzi di mantello siano precipitati verso il centro, ma dovrebbe essere avvenuto in tempi molto rapidi... Ma perché avrebbe dovuto accadere?
È una domanda senza risposta, almeno per adesso. «È arrivato il momento che la comunità affronti la questione e dia risposta a uno dei grandi enigmi sull'evoluzione del nucleo e del pianeta», concludono i ricercatori.